Apocalypse Trump by Stefano Graziosi

Apocalypse Trump by Stefano Graziosi

autore:Stefano Graziosi
Format: epub
ISBN: 978-88-8155-830-8
editore: Edizioni Ares
pubblicato: 2018-10-21T16:00:00+00:00


Capitolo quarto

We’ll meet again:

addio alla Guerra fredda?

La guerra in Iraq, lo abbiamo accennato, ha rappresentato una delle cause principali della vittoria di Trump nel 2016. Ma in che senso un evento risalente a tredici anni prima può aver avuto una simile ripercussione? La risposta è complessa. E, per cercare di comprenderla, è forse utile partire da un àmbito particolare: quello cinematografico.

Becero, propagandistico e guerrafondaio. Così la critica definì, assai poco amichevolmente, il film Berretti Verdi. Era il 1968 e gli Stati Uniti già ribollivano, scossi da numerosi moti di protesta contro la guerra in Vietnam. In questo contesto non esattamente idilliaco, John Wayne decise di produrre, dirigere e interpretare un film patriottico, che sostenesse la causa americana nella sua crociata internazionale contro il comunismo dei vietcong. D’altronde, proprio sul patriottismo The Duke aveva fondato la propria carriera artistica: pur avendo attivamente sostenuto la candidatura del repubblicano Barry Goldwater alle elezioni del 1964, l’attore non aveva esitato a schierarsi a favore del conflitto vietnamita, per quanto avviato da un’amministrazione democratica. Ebbene, Berretti Verdi aveva proprio questo obiettivo: replicare alle polemiche disfattiste degli ambienti legati alla sinistra radicale. Non a caso, la pellicola ottenne tutto l’appoggio possibile da parte dell’amministrazione Johnson. L’intento patriottico è d’altronde sintetizzato nella scena finale, quando al bambino vietnamita rimasto orfano Wayne mette il berretto delle forze speciali americane in testa, dicendogli: «Mi occuperò io di te, piccolo berretto verde. Tu hai già combattuto la tua guerra!». Il tutto, mentre i due si allontanano mano nella mano verso la spiaggia al tramonto, sulle note marziali della ballata dei Green Berets.

Eppure, nonostante le stroncature della critica, il film si rivelò un successo al botteghino. Segno di come la «sindrome del Vietnam» non avesse ancora attanagliato lo Zio Sam. Ciononostante la situazione sarebbe cambiata di lì a non molto. Ed è stato sempre il cinema a registrare in modo netto il mutamento della società americana. Undici anni dopo, uscì infatti Apocalypse Now di Francis F. Coppola, in cui il giudizio sul Vietnam apparve stravolto, divenendo negativo, duro e cupo. Anche qui, la sintesi è data dalla spettacolare scena dell’attacco con gli elicotteri contro un villaggio vietnamita. Un tenente colonnello americano esaltato ordina di annientare con il napalm le capanne di una zona costiera, solo per togliersi lo sfizio di fare del surf. E lo stesso utilizzo della Cavalcata delle Walkirie come colonna sonora dell’attacco aereo è un fin troppo evidente richiamo al fatto che Richard Wagner fosse il musicista preferito di Adolf Hitler. Da potenza messianica, morale e salvifica che si batte contro la tirannide della piovra rossa, gli Stati Uniti divengono qui una nazione arrogante, nichilistica, che da liberatrice si è trasformata in despota. Il napalm è la rappresentazione plastica della brutalità fine a sé stessa, nel segno di una guerra che l’America considera ormai – siamo nel 1979 – il punto più basso, tragico e nefasto della propria Storia. Non solo per la prima netta sconfitta subìta, ma anche – e soprattutto – per il tradimento di quei valori su cui gli Stati Uniti credevano di essere fondati.



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