Arancia meccanica by Anthony Burgess

Arancia meccanica by Anthony Burgess

autore:Anthony Burgess [Burgess, Anthony]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-03-24T16:19:21+00:00


Parte terza

1’

– Allora che si fa, eh?

Quello, fratelli miei, ero io che me lo chiedevo il mattino dopo, ritto davanti a questo edificio bianco che era come attaccato alla vecchia Prista, vestito con le palandre che avevo quella notte di due anni fa, nella luce grigia dell’alba, con una migna borsetta per le mie poche trucche personali e un piccolopoco di truciolo gentilmente offerto dalle lezzose Autorità per l’inizio della mia nuova vita.

Il giorno prima era stato molto stancante, per via di tutte quelle interviste registrate per il telegiornale e i flash flash flash delle fotografie e altre dimostrazioni di me che facevo fiasco con l’ultraviolenza e tutte quelle sguanate così imbarazzanti. E poi ero come cascato sul letto morto di sonno e loro, almeno così mi era parso, mi avevano subito risvegliato per dirmi di andarmene fuori dai piedi, di pistonare a casa, e che non volevano locchiare il Vostro Umile Narratore mai pie mai poi, O fratelli.

Così eccomi là, molto molto presto di mattina, con quel piccolopoco di bella maria nella gaioffa destra, e io ci facevo dlin dlin con la granfia e mi chiedevo:

– Allora che si fa, eh?

Un po’ di colazione in qualche sosto, pensai, dato che non avevo ancora mangiato nulla per via che tutti lì dentro erano così impazienti di sbattermi fuori verso la libertà.

Avevo glutato solo un piccolopoco di cià.

Questa Prista era in una parte della città molto squallida, ma c’erano un fracco di barini d’operai tutto in giro e io pistonai in uno di questi, fratelli. Era tutto saloppo e lezzoso, con un’unica lampadina al soffitto piena di cacche moschine che tipo oscuravano quel po’ di barlume, e ci stavano degli sgroppatori mattinieri che si slurpavano il cià e si magnamgnavano a mo’ di lupo delle orride schifose salsicce sulle trince di brombo, gnam gnam gnam, e poi scricciavano per averne ancora.

Erano serviti da una quaglia molto saloppa ma con dei gran tuberi tamagni, e qualcuno dei poldi abboffoni cercava di acchiapparla, e lui faceva hau hau hau e lei faceva hi hi hi, e a vedermeli vicini mi veniva voglia di rigettare, fratelli. Ma chiesi dei toast e marmellata e cià con cortesia e con la mia ciangotta da signore, poi sedetti in un angolino a glutare e mangiare. Mentre lo facevo, un migno nanerottolo pistonò dentro a vendere le gazzette del mattino, un tipo di sgarrone tutto storto e sguanoso con delle lenti spesse montate su metallo e le palandre che avevano il colore di un budino di ribes putrefatto.

Io cattai una gazzetta, con l’idea di locchiare quel che capitava nel mondo per prepararmi al tuffo in una seigiorni normale. Questa gazzetta pareva una gazzetta del Governo, perché tutti gli articoli di prima pagina dicevano la stessa trucca e cioè che era necessario per ogni martino rimettere in carica il Governo alle prossime Elezioni Generali che pare dovessero avvenire tra due o tre settimane. C’erano delle mottate molto sbruffone su tutto ciò che il Governo aveva fatto negli ultimi tempi,



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