Baciami senza rete by Paolo Crepet

Baciami senza rete by Paolo Crepet

autore:Paolo Crepet
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
editore: Mondadori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


La classe operaia va all’inferno

Ogni rivoluzione industriale promette meraviglie, più ancora di quelle che l’hanno preceduta. La prima – 1784 – è stata provocata dall’introduzione del vapore nella produzione manifatturiera; la seconda – 1870 – dalla divisione del lavoro, dall’elettricità e dall’inizio dalla produzione di massa; la terza –1969 – dall’elettronica e dalla produzione automatica (robot).

Ma se le prime hanno indubitabilmente determinato una crescita della produzione parallelamente all’aumento del numero delle persone addette, quella in corso rischia di complicare non poco il quadro complessivo della produzione industriale globale, con conseguenze sull’umanità che qualche esperto ritiene drammatiche.

Nel maggio 2015 a Dongguan, nella regione del Guangdong, nella Cina sudorientale, non lontano dalla città di Shenzhen, è nata la prima fabbrica senza operai. I 1800 dipendenti sono stati sostituiti da 1000 robot. La fabbrica, che produce componenti per cellulari, è già una realtà operativa. Per i prossimi tre anni il governo cinese ha annunciato investimenti pari a 135,5 miliardi di euro per sostituire sulle linee di montaggio gli umani con gli automi. E la Cina, che pure si muove così rapidamente, è ancora in ritardo rispetto alla Germania, agli Stati Uniti, al Giappone e persino all’Italia (dove, per esempio, la Fiat ha incrementato la robotizzazione del suo impianto di Melfi). È la nuova strada, che tra pochi anni verrà seguita in massa anche dai colossi indiani, sudamericani, coreani e del resto d’Europa.

In questo modo i costi di produzione saranno sotto controllo, la concorrenza globale, in parte, tenuta a bada. E poi i robot non si sindacalizzano, non scioperano, lavorano ventiquattr’ore senza lamentarsi e senza ammalarsi. Ovvio, ma gli umani che fine faranno?

Nel gennaio 2016, il World Economic Forum, nel suo incontro annuale a Davos, in Svizzera, ha annunciato i dati sull’impatto che quest’ultima rivoluzione potrà avere sul mercato del lavoro globale: entro pochi anni saranno cancellati circa 5 milioni di posti di lavoro (soprattutto di bassa formazione: operai, muratori, impiegati, ragionieri), mentre verranno assunti 2 milioni di nuovi operatori (ingegneri, fisici, chimici, e soprattutto tecnici dell’informatica).

Sorge, inevitabilmente, una domanda non priva di angosce: quando questa rivoluzione e i suoi effetti riguarderanno il mondo intero, che cosa potrà accadere? Nasceranno nuovi conflitti tra Stati e all’interno di essi? Come sapranno gestire questa transizione, ormai obbligata, le classi dirigenti del pianeta? Si creeranno forme di compensazione tra ciò che si perde (la graduale scomparsa della forza lavoro a più bassa formazione e competenza, che appartiene alle fasce d’età comprese tra i 40 e i 60 anni, ovvero quelle tradizionalmente più fragili) e ciò che si guadagna (una più lieve crescita della nuova generazione di giovani tecnici senza responsabilità direttamente legate alla produzione, ma con il solo compito di coordinare e controllare il lavoro degli automi)?

E quando l’automazione – già in straordinaria mutazione quanto a capacità e qualità di lavoro – avrà raggiunto un’autonomia ancora maggiore dall’uomo (per esempio attraverso l’intelligenza artificiale), quale sarà il ruolo residuo che l’uomo potrà ritagliare per se stesso?

Lo scenario di una fabbrica «H24», senza umani, senza mense, senza scioperi potrebbe



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