Com'è finita by Jay McInerney

Com'è finita by Jay McInerney

autore:Jay McInerney [McInerney, Jay]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2022-12-08T00:00:00+00:00


LA REGINA E IO

Mentre la luce stanca si ritira di là del fiume verso i sobborghi a ovest, il molo fatiscente alla fine di Gansevoort Street comincia a fremere e a gemere di vita. Dall’interno di un capanno con il tetto di lamiera, esseri umani barcollano fuori nel crepuscolo nebbioso, simili a pipistrelli che escano da una spelonca. Dentro il capanno, affiora dall’oscurità una collina bianca, le cui pendici sono disseminate di materassi, coperte, sacchi a pelo, cartoni e fogli di compensato. Tra gli abitanti di questo luogo circola l’implausibile voce che la bianca mesa sia fatta di sale, quel sale che un tempo, quando ancora c’erano fondi per i servizi municipali, d’inverno veniva sparso sulle strade ghiacciate; attualmente il capanno arrugginito funge da dormitorio per uomini e da rifugio per ratti. Al tramonto gli ospiti del capanno si alzano per andare al lavoro, arrancano fuori, per vestirsi e truccarsi nell’ultima luce. Lungo la banchina, ai piedi della superstrada, le lustre macchine di protettori e clienti attendono accanto agli ammuffiti furgoni di organizzazioni filantropiche religiose o laiche, pronte a competere per i corpi e le anime del popolo del molo.

Osservo tre travestiti1 spartirsi i servizi di uno specchietto e di un rossetto cercando di sfruttare al meglio la luce obliqua. Uno dei tre si allontana di qualche passo creando un’intimità tutta simbolica per tirarsi pudicamente su la gonna e fare una pisciata torrenziale. Un altro accende la sigaretta e si raddrizza le calze a rete. Il terzo è il mio amico Marilyn, regina della Little West Twelfth Street. È il mio primo giorno di lavoro nel ramo.

Un paio di giorni prima mi ero imbattuto in Marilyn al pronto soccorso del St. Vincent Hospital. Ero lì per la gengivite – gengive sanguinanti e ritirate, conseguenza di malnutrizione e droga. È un malanno tipico di chi batte la strada, una nuova credenziale nella mia discesa verso l’autenticità. Marilyn aveva una frattura al setto nasale, tre costole rotte e vari ematomi, il tutto provocato da un cliente roso dai ripensamenti.

“Credevo che avessi un protettore, Marilyn,” dissi, guardando la vittima di uno scontro a fuoco sanguinare copiosamente su una barella.

“Il protettore me l’hanno ammazzato i colombiani,” disse Marilyn. “Comunque quel bastardo non proteggeva un cazzo di niente. Anzi, era il primo a pestarmi.” Marilyn rise soffiando con il naso, poi strinse gli occhi per il dolore. Quando fu di nuovo in grado di parlare disse: “L’ultima volta me l’ha rotto mio padre. Mi pestò a sangue perché mi aveva beccato con addosso il vestito da sposa di mia madre. Aveva aperto la porta di camera mia mentre io ero lì che mi mettevo il rossetto. Mi pestò come una biscia, continuava a urlare che ero un lurido maricón e che lui non voleva un figlio maricón. Il ragazzo di ieri sera era grosso come lui, un ragazzone del New Jersey, tutto muscoli. Quando abbiamo finito ha cominciato a picchiarmi, gridando che ero un finocchio. Ce n’è un sacco che fanno così, che non gli piace quello che vogliono.



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