Fanteria dello spazio by Robert A. Heinlein

Fanteria dello spazio by Robert A. Heinlein

autore:Robert A. Heinlein
La lingua: ita
Format: epub, mobi


Sei settimane dopo (ma con la sensazione di essere invecchiato di sessant'anni) alla base navale di Sanctuary fui imbarcato su un'altra astronave, la Rodger Young, e mi presentai al sergente Jelal.

Portavo, al lobo dell'orecchio sinistro, un teschietto d'oro con un osso solo. Al Jenkins era con me, e ne aveva uno assolutamente identico. Micio Smith non era stato scaricato in tempo dalla Valley Forge. I pochi tigrotti sopravvissuti furono distribuiti tra le diverse astronavi; avevamo perso metà delle nostre forze nella collisione tra la Valley Forge e la Ypres, la disastrosa battaglia sul pianeta aveva fatto salire le nostre perdite all'ottanta per cento e nelle alte sfere era stato decretato che non si poteva ricostituire la compagnia tigrotti con i soli superstiti. Meglio scioglierla, archiviare gli schedari e aspettare che le ferite si fossero rimarginate prima di ricostituire la Compagnia K con facce nuove e antiche tradizioni.

Del resto, c'erano molti vuoti nei ranghi delle altre compagnie, e bisognava riempirli.

Il sergente Jelal ci accolse con cordialità, dicendo che stavamo per entrare in una delle compagnie più gloriose, "la migliore di tutta la flotta", imbarcata su un'ottima astronave, e non parve dare importanza ai nostri teschietti. Più tardi ci condusse a prua per presentarci al tenente, che ci rivolse un sorriso e tenne un discorsetto in tono paterno. Notai che Al Jenkins non portava più il piccolo teschio d'oro all'orecchio. Nemmeno io l'avevo. Mi ero accorto che nessuno dei Rompicollo di Rasczak lo portava.

Non lo portavo perché, nei Rompicollo di Rasczak, nessuno badava a quanti lanci avevi fatto, o a quali avevi partecipato. O eri un Rompicollo o non lo eri, e se non lo eri, a nessuno importava chi tu fossi. Dato che eravamo arrivati là non come reclute, ma come reduci da una battaglia, ci concessero il beneficio del dubbio dandoci il benvenuto e mostrando appena quell'inevitabile traccia di formale cordialità che chiunque mostra verso un ospite che non faccia parte della famiglia.

Ma, meno di una settimana più tardi, avendo partecipato a un lancio di combattimento, facevamo già parte della famiglia ed eravamo Rompicollo da capo a piedi. Ci chiamavano per nome, rifilandoci solenni lavate di testa se era necessario, il tutto con la salda certezza, da una parte e dall'altra, che ormai eravamo fratelli per la vita e la morte, liberissimi di esprimere le nostre sciocche opinioni con assoluta franchezza e di sentircele bocciare con altrettanta sincerità. Quando non eravamo in servizio chiamavamo per nome perfino i graduati. Il sergente Jelal era costantemente in servizio, naturalmente, a meno che non lo incontrassimo a terra, nel qual caso diventava Gelatina per tutti, e si comportava come se il suo grado non significasse niente.

Il tenente era sempre "il tenente", mai il signor Rasczak o il tenente Rasczak. Semplicemente "il tenente", sia che gli si parlasse a tu per tu, sia che lo si nominasse in terza persona. Non c'era altro dio al di fuori del tenente, e il sergente Jelal era il suo profeta. Jelly poteva dire no, e quel no



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