Frontiere by Manlio Graziano

autore:Manlio, Graziano [Graziano, Manlio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Politica, Voci
ISBN: 9788815332158
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2017-09-14T22:00:00+00:00

Santa ignoranza e spacciatori di frontiere

«I movimenti tettonici» provocati dalla globalizzazione, scrive Olivier Roy, «mescolano le carte, i territori e le identità, rompendo i legami tradizionali fra religione e cultura»[23]. La «santa ignoranza» è precisamente la rottura di quel legame: ad essa concorrono sia l’emigrazione dei fedeli in terre straniere sia l’importazione nei loro paesi di modelli religiosi standardizzati, estranei alla loro cultura, come il wahhabismo in Pakistan, in Indonesia o in Senegal, l’evangelicalismo in Corea e in Uganda, o l’hassidismo tra i sefarditi di Parigi. Al fedele si offrono Ersätzes di religioni ridotte al loro (presunto) minimo comune denominatore, ricette vestimentarie, estetiche e morali semplici e uguali per tutti, con l’intenzione di farlo sentire dappertutto a casa sua: col risultato, invece, che il fedele memore delle tradizioni culturali non è più a casa sua da nessuna parte, e che il fedele indottrinato da quelle pillole di formalismo travestito da pietà finisce col perdere ogni nozione della sua religione originaria.

La «santa ignoranza» è una forma di religione prodotta in serie, che circola come i capitali, i beni e le persone; e, precisa Roy, «l’oggetto religioso, per circolare, deve tuttavia apparire universale, non legato a una specifica cultura che bisognerebbe comprendere per arrivare al messaggio». D’altronde, «la salvezza esige non la conoscenza ma la fede»[24].

Il bisogno di credere si diffonde a un ritmo direttamente proporzionale all’incomprensione dei meccanismi che regolano (e sregolano) la nostra società, in particolar modo nell’attuale fase di accelerazione del disordine. Le ideologie, come la «santa ignoranza», contribuiscono a soddisfare quel bisogno perché offrono soluzioni semplici, ancorché illusorie, a problemi complessi, e permettono di saltare a piè pari tutte le difficoltà connesse al lungo e faticoso processo della conoscenza e della comprensione.

Le ideologie, a differenza delle religioni, sono effimere[25]: il loro ciclo vitale dura tanto quanto il problema cui pretendono di offrire una soluzione, o una spiegazione, oppure fin quando il problema viene risolto, e spiegato, in un’altra maniera; a quel punto finiscono, illacrimate, nella pattumiera della storia. Tuttavia, anche se la loro durata è incomparabilmente inferiore a quella delle religioni, possono nondimeno occupare una gran parte dell’esistenza biologica degli individui, imponendosi ad essi come realtà. Una persona nata, poniamo, negli anni ’20 e morta prima del 1989 ha probabilmente vissuto la propria vita adulta credendo che il mondo fosse veramente diviso tra un «campo socialista» e un «campo capitalista», in lotta inconciliabile tra loro (e molti, d’altronde, lo credono ancora oggi).

L’esempio della «guerra fredda» dimostra tra l’altro che le ideologie, se da una parte sono efficaci strumenti di mobilitazione, dall’altra possono produrre effetti politicamente disastrosi: prigionieri dell’isteria ideologica a cui si abbandonarono a partire dal 1947, gli Stati Uniti «regalarono» alla Russia la Cina di Mao, l’Egitto di Nasser e la Cuba di Castro, a dispetto di ogni sensata considerazione geopolitica.

Con la scomparsa dell’Unione Sovietica, lo schema ideologico dei «due campi» divenne di colpo inservibile. Con indubbio fiuto politico, Samuel Huntington propose immediatamente un’alternativa: i conflitti del futuro non si sarebbero più svolti lungo linee di faglia ideologiche, ma lungo linee di faglia culturali, anzi «di civiltà»[26].

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