I reietti dello spazio (Italian Edition) by Tom Godwin

I reietti dello spazio (Italian Edition) by Tom Godwin

autore:Tom Godwin
La lingua: it
Format: azw
Tags: Fantascienza, narrativa
editore: Simplicissimus
pubblicato: 2010-06-28T22:00:00+00:00


6

Quando raggiunse Shomar era notte. Il lato della città che confinava con le colline era illuminato a giorno e c’erano dei riflettori che spazzavano di continuo le colline stesse con i loro fasci di luce.

John fu subito contattato da una navetta di perlustrazione.

– Seguici – gli fu ordinato.

Atterrarono fra la città e i boschi, in un punto dove erano in attesa parecchi veicoli; un ufficiale scese da uno di essi per andargli incontro.

– Sono il capo della Guardia Cittadina – si presentò. – Lord Sar-Fane è spiacente di non poter essere presente per incontrarti, ma mi ha ordinato di assisterti in ogni modo possibile. Prima, però, affinché tu ti renda conto di cosa è stato in grado di fare un singolo kilvarl, dovrai dare un’occhiata a qualcosa di spiacevole.

L’ufficiale lo accompagnò in un vicino edificio e in una vasta stanza refrigerata, dove c’erano ventinove tavoli, su ciascuno dei quali giaceva un cadavere.

– La ragazza ne ha uccisi altri nove, la scorsa notte – spiegò l’ufficiale. – Quella guardia – disse l’uomo indicando un cadavere, – è stata la sua prima vittima… le ha tagliato la gola con un pezzo di selce affilato, per procurarsi le armi con cui ha poi ucciso tutti gli altri.

John passò da un tavolo all’altro, guardando i corpi: c’erano cinque uomini, tre donne e ventuno bambini.

Con la sola eccezione della guardia a cui era stata tagliata la gola, tutti erano stati uccisi con lo stesso tipo di arma.

Era incredibile che Barbara, anche sotto ipnosi, potesse aver fatto una cosa del genere, e tuttavia là c’erano le vittime, e i volti senza vita di quei bambini lo stavano fissando.

– Andiamo – disse. – Richiami le sue squadre di ricerca e le faccia allontanare dai boschi... la troverò più in fretta se agisco da solo.

Attese che le pattuglie si fossero allontanate, poi sorvolò lentamente i boschi con il Predatore, tenendosi appena al di sopra della punta degli alberi. Non era in grado di vedere nulla attraverso il fitto fogliame, ma sapeva che Barbara avrebbe riconosciuto il Predatore, e sperava che si sarebbe mostrata.

Atterrò nella zona più aspra delle colline, in quella che doveva essere probabilmente l’area in cui lei poteva nascondersi, poi scese a terra e rimase ad attendere.

Faceva caldo sotto le chiome verdi degli alberi, e l’aria pareva profumare dell’odore di un migliaio di fiori diversi; non c’erano rumori, a parte il distante ronzio che giungeva dalla città.

I suoi occhi si erano ormai abituati alla penombra rischiarata dalle stelle, e gli permisero di scorgere una sagoma nera che parve materializzarsi all’improvviso e gli si lanciò incontro uggiolando in modo estatico.

Sigyn! Se Sigyn era viva, allora doveva esserlo anche Fenrir. – Dov’è Barbara? – chiese subito al predatore. – Sta bene?

La gioia che Sigyn stava manifestando nel vedero, parve dissolversi e lei uggiolò in tono angosciato, dicendogli a suo modo che in Barbara c’era qualcosa che non andava.

Trovò Barbara qualche minuto più tardi, in una radura, con un disintegratore shomariano puntato nella direzione da cui giungeva il rumore dei suoi passi.



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