Il buttafuoco by Dino Buzzati

Il buttafuoco by Dino Buzzati

autore:Dino Buzzati [Buzzati, Dino]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 1992-01-31T23:00:00+00:00


Da un diario inedito, 1941

Convoglio Silrmn

Raccontare a due giorni di distanza tutto quello che ricordo. La sera prima della partenza, in quadrato, mentre si giocava a pinnacolo (e poco dopo ci sarebbe stato l’allarme aereo), udimmo un gemito lungo, a intermittenza. Chi è che si lamenta? domandò il comandante in seconda. Io dissi: deve essere un gatto. Chissà che cos’è, disse un altro. Qualcuno fece: La nave si lamenta, è un brutto segno. Vidi il comandante Ronselle tornare dal “Gorizia” dove c’era stato rapporto dei comandanti. Non sembrava di buon umore. Poco dopo, uscito di camerino, incontrai Arena, che mi disse che era un convoglio come l’altra volta, di sei navi, due delle quali si sarebbero unite a noi sotto lo stretto. Oltre al “Gorizia”, al “Trieste”, al “Trento”, sarebbero venuti l’“Abruzzi” e il “Garibaldi”. Sull’“Aviere” poi mi avevano detto che da Malta nei giorni scorsi era uscito un incrociatore da solo, ciò che lasciava supporre che l’altro, colpito dai nostri aerosiluranti il mattino del 9, fosse in avaria. La mensa fu alle sei. Poco dopo si partiva. Ora è inutile che ricordi i discorsi col maggiore commissario Padalino, la visita fatta nella segreteria di macchina al maggiore Lambiase; venne anche il comandante in seconda e si parlò della nostra guerra. Dopo un po’ io andai a prendere (mi sembra) il paltò e il primo volume di Leopardi e lo portai nella segreteria amministrativa, dove in precedenza avevo portato la sedia a sdraio. Venuto anche Padalino a sistemare le luci, ci sdraiammo, convinti che almeno fino all’alba non ci sarebbero state sorprese. Il brutto veniva all’indomani e specialmente la notte successiva, quando ci saremmo trovati nel mezzo del Mediterraneo. Noi avremmo dovuto scortare i piroscafi, salvo imprevisti, fino alle ore 13 del 23. Dunque mentre scrivo la nostra divisione sarebbe dovuta essere qui di ritorno. Ma è successo come l’altra volta. La luce era troppo debole, e la posizione sulla sedia a sdraio troppo incomoda per poter leggere a lungo. Leggiucchiati qua e là i Detti di Filippo Ottonieri, mi disposi a dormire. E già stavo entrando nel sonno quando di fuori udimmo voci concitate.

Qualcuno diceva: allarme! Poi uno aprì la porta per avvertirci. Possibile? appena fuori Messina? Ci vestimmo con velocità straordinaria. Pronto? mi disse Padalino. Non ancora, risposi. Lui mi precedette in plancia.

Un bengala si era acceso in cielo. Gli inglesi dunque sapevano di noi. Il “Gorizia” e altre navi spararono un poco contro un aereo che si vedeva benissimo per via del suo luminìo. Noi non sparammo. Vidi a questo punto il brogliaccio. Non cominciava bene la missione. Non solo Malta sapeva che eravamo usati ma aveva tutte le buone intenzioni di perseguitarci. Ci mettemmo in sala nautica, rinunciando alle sedie a sdraio. Eravamo seduti sul sofà, io, verso la parete, Padalino, Cappello, se non mi sbaglio. Credo che mi ero addormentato.

Lo schianto prodotto dal siluro rimarrà per sempre – credo e spero – confitto nella mia mente, con la sua voce che inutilmente io cerco di definire.



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