Il Circo Dei Dannati by Hamilton Laurell Kaye

Il Circo Dei Dannati by Hamilton Laurell Kaye

autore:Hamilton, Laurell Kaye [Hamilton, Laurell Kaye]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Ro
ISBN: 9788850210398
editore: Nord
pubblicato: 2004-04-14T22:00:00+00:00


CAPITOLO 21

«E la mia macchina?» chiese Larry.

«Chissà... Sei assicurato, vero?»

«Sì, ma...»

«Dato che non hanno fatto a pezzi noi, potrebbero decidere di fare a pezzi la tua macchina.»

Mi guardò come se non capisse se stavo scherzando. Be', non scherzavo.

D'improvviso, davanti a noi, dal buio, sbucò una bicicletta e il viso pallido di un ragazzino lampeggiò nei fari.

«Attento!»

Larry riportò lo sguardo alla strada in tempo per vedere il ragazzino sgranare gli occhi per lo spavento. I freni stridettero e il ragazzo scomparve dallo stretto arco dei fari. Si udirono un crunc e un bump, prima che l'auto si fermasse, slittando. Larry ansimava pesantemente e io non respiravo affatto.

Il cimitero era proprio alla nostra destra. Eravamo ancora troppo vicini per fermarci, ma... era un ragazzino!

Guardai fuori attraverso il lunotto. La bicicletta era sconquassata e il ragazzo giaceva in un mucchietto immobile. Ti prego, Dio: fa' che non sia morto!

Non credevo che la Humans First avesse abbastanza immaginazione per usare un ragazzino come esca. Se era una trappola, era bene organizzata, perché non riuscivo a distogliere l'attenzione dalla figurina inerte sul ciglio della strada.

Larry stringeva il volante con tale, violenza che le sue braccia tremavano. Se prima mi era sembrato pallido, mi ero sbagliata. Adesso pareva uno spettro malato.

«E'... ferito?» La sua voce giunse forzata, profonda e roca, in una sorta di pianto. Non voleva dire «ferito», però non era riuscito a pronunciare la parola che iniziava per M. Non ancora. Non se poteva evitarlo.

«Resta in macchina», dissi.

Larry non replicò. Rimase seduto a fissarsi le mani, senza guardarmi.

Però, dannazione, non era mica colpa mia! Non era mica colpa mia se aveva perduto la verginità quella notte! Perché allora mi sembrava che lo fosse?

Smontai dall'auto, con la Browning pronta in caso i fanatici avessero deciso d'inseguirci lungo la strada. Il ragazzo non si era mosso. Ero troppo lontana per vedere se respirava ancora.

Infine lo raggiunsi. Giaceva bocconi, con un braccio sotto il busto, probabilmente rotto. Nell'inginocchiarmi accanto a lui, scrutai il cimitero buio. Nessun branco di fanatici sbucò di corsa dall'oscurità. Il ragazzino indossava i tipici indumenti dei suoi coetanei: camicia a righe, calzoni corti, scarpe da ginnastica. Chi diavolo l'aveva mandato in giro con quegli abiti estivi in una notte così fredda? Sua madre. Era mai possibile che una donna affettuosa lo avesse vestito così per mandarlo a morire?

I capelli erano castani, ricci, fini come seta. La pelle del collo era fredda al tatto. Shock? Era troppo presto perché fosse il gelo della morte. Aspettai di sentir pulsare l'arteria del collo, ma invano. Era morto? Ti prego, Dio! Ti prego!

Alzò la testa e si lasciò sfuggire un suono dalla bocca. Era vivo, grazie al cielo!

Cercò di girarsi, ma ricadde sulla strada e gridò. Larry uscì dall'auto e si avvicinò. «Sta bene?» «È vivo», dissi.

Il ragazzo era deciso a girarsi, così lo presi per le spalle e lo aiutai, cercando di tenergli il braccio destro contro il corpo. Intravidi i grandi occhi castani, il viso tondo e infantile e, nella sua mano destra, un pugnale più grosso di lui.



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