Il Pianeta Dei Venti by Martin george R.R. & Tuttle Lisa

Il Pianeta Dei Venti by Martin george R.R. & Tuttle Lisa

autore:Martin, george R.R. & Tuttle, Lisa [Martin, george R.R. & Tuttle, Lisa]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


PARTE TERZA

LA CADUTA

Invecchiò in meno di un minuto.

Quando Maris lasciò il Terriero di Thayos era ancora giovane. Percorse la galleria sotterranea che portava dalla fortezza rocciosa al mare, un tunnel tetro e umido scavato nella montagna. Camminava a passo svelto, con una candela in mano, le ali piegate sulla schiena. C'erano pozzanghere sul pavimento, e l'acqua le intrideva gli stivali. Maris era ansiosa di andarsene.

Solo quando usci nel crepuscolo, dall'altra parte della montagna, Maris vide il cielo. Era di un minaccioso color porpora, un violetto quasi nero: il colore di un ematoma, pieno di sangue e di dolore. Il vento era freddo e incostante. Maris sentiva la furia che stava per prorompere, la vedeva nelle nubi. Si fermò ai piedi dei gradini consunti che portavano alla scogliera, e per un istante pensò di tornare indietro, di riposare quella notte alla loggia e rimandare all'alba la partenza.

Il pensiero della lunga camminata nella galleria, però, la scoraggiava, e a Maris quel posto non piaceva. Thayos le sembrava una terra buia e irosa, e il Terriero era rude, e nascondeva appena la sua brutalità con la cortesia dovuta a una volatrice. Il messaggio che le aveva affidato l'opprimeva. Erano parole rabbiose, avide, piene di minacce di guerra, e Maris era ansiosa di riferirle e dimenticarle, di liberarsi al più presto di quel peso.

Spense la candela e incominciò a salire la scala, a lunghi passi impaziente. Il suo viso era segnato, e c'era un po' di grigio nei suoi capelli, ma Maris era ancora elegante e vigorosa come a vent'anni.

Arrivò nel punto dove la scala sfociava su un'ampia piattaforma di pietra sopra il mare, e spiegò le ali. Presero il vento, tirandola, mentre lei faceva scattare gli ultimi supporti. Il porpora cupo della tempesta conferiva un tono scuro al metallo argenteo, e i raggi del sole al tramonto lo striavano di rosso, come ferite traboccanti di sangue. Maris si affrettò. Voleva precedere la tempesta, sfruttarla per volare più veloce. Strinse le cinghie, controllò un'ultima volta le ali e afferrò le maniglie. Con due passi svelti si lanciò dal precipizio, come aveva fatto innumerevoli volte. Il vento era il suo vecchio, fedele innamorato. Si abbandonò al suo abbraccio e volò.

Vide il lampo all'orizzonte, un fulmine a tre lingue nel cielo ad oriente. Poi il vento rallentò, si addolcì, e Maris cadde e virò, cercando una corrente più forte, fino a quando la tempesta l'investì, improvvisa come uno schiocco di frusta. Il vento arrivava dal nulla con una forza terribile, e mentre Maris lottava per sfruttarlo cambiò direzione. Poi una seconda volta, e una terza. La pioggia le pungeva il viso, l'accecava, e sentiva un rombo negli orecchi.

La tempesta la spinse indietro e poi la fece roteare, come un giocattolo. Lei era impotente come una foglia nel vento. Venne sbatacchiata qua e là, si senti assalire dalla nausea e dalle vertigini, e si accorse che stava precipitando. Girò la testa e vide la montagna che saliva verso di lei, una muraglia a perpendicolo di pietra bagnata. Cercò di allontanarsi, e riuscì soltanto a girarsi nell'abbraccio rabbioso del vento.



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