Il soldato by Carlo Cassola

Il soldato by Carlo Cassola

autore:Carlo Cassola [Cassola, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2024-01-19T12:00:00+00:00


XIII

La sera dopo Rita fu puntuale. E venne senza il fazzoletto in testa.

«Che si fa?» disse Ghersi. C’era troppa gente sul viale. «Vogliamo andare... per quella strada dove siamo stati qualche volta, qui subito fuori della barriera?»

Attraversarono la piazza, passarono la barriera, e svoltarono a destra per una stradetta dal fondo sterrato. Dopo un centinaio di metri c’era sulla sinistra una fila di casucce, e poi si era in aperta campagna. La strada correva diritta in mezzo alla pianura, che sfumava lontano, contro la base di altri monti.

Si fermarono su un ponticello.

«Quest’altra volta,» esclamò Ghersi «porto la macchina fotografica. Ci possiamo fare le fotografie anche insieme, con l’autoscatto.»

Rita non sapeva cos’era l’autoscatto, e Ghersi glielo spiegò. S’interruppe per mostrarle un aeroplano che stava planando sul campo di aviazione. «È un apparecchio da caccia; un Macchi. Lo riconosco dalla forma della fusoliera. Ah... è bello qui» disse allargando i polmoni. C’era nell’aria un buon odore di erba falciata e di fiori di campo. E poi quei grandi prati gli erano familiari; gli sembrava quasi di essere dalle sue parti. Quando uscivano per l’istruzione, sperava sempre che li portassero al campo di aviazione; ma in genere li portavano dalla parte opposta, sulla costa del monte.

Come se avesse indovinato i suoi pensieri, lei disse:

«Quando sarai tornato al tuo paese, ritroverai la tua ragazza, e della povera Rita non ti ricorderai nemmeno più.»

«Quale ragazza?»

«La tua fidanzata.»

«Ma io non sono fidanzato.»

«Un bel ragazzo come te chissà quante fidanzate ha.»

«Perché mi prendi in giro?»

«Non ti prendo in giro, è la verità.»

«Non sono un bel ragazzo, ho le gambe storte. Mi sono venute storte giocando al pallone.»

«Io non me n’ero accorta.»

La guardò: era così bella nella luce del giorno declinante, i suoi occhi erano così luminosi, la sua pelle così fresca... Si chinò a baciarla.

«Stai attento, ci possono vedere.»

Difatti stavano venendo avanti alcuni operai in bicicletta. Pedalavano adagio, e sui volti avevano impressi i segni della fatica. Passando non li degnarono di un’occhiata.

Ghersi invece guardò con cordialità le loro schiene che si allontanavano, poi si voltò di nuovo verso Rita e fece per baciarla.

«Non puoi aspettare che venga buio?»

«Ma poi quando viene buio dici che è tardi e te ne vuoi andare.»

«Stasera rimarrò... quanto vorrai tu.»

Egli le accarezzò i capelli: «Come sono fini» le disse.

«Sono troppo fini» rispose lei. «Non mi riesce di tenerli a posto.»

«E che begli occhi hai.»

«Gli occhi so di averli belli. Ma non ho niente altro di bello.»

Ghersi protestò:

«E invece hai tutto bello. Mi piace tutto, di te.»

«Sentiamo: che cosa ti piace?»

«Mi piacciono gli occhi. Mi piacciono i capelli. Mi piace la bocca. Mi piace come sei fatta addosso. Aspetta, non ho finito: mi piace... il calore che emana da te. Mi ricordo che anche quando era inverno, la faccia e le mani le avevi sempre calde.»

«Ho capito: venivi con me per scaldarti.»

Ghersi si mise a ridere. Era così contento! Gli piaceva talmente starsene lì con la sua ragazza. «È vero che sei la mia ragazza?»

«Cos’altro ti piace?» disse lei.

«Mi piace... l’odore della tua pelle.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.