In battaglia, quando l'uva matura by Valerio Pellizzari;

In battaglia, quando l'uva matura by Valerio Pellizzari;

autore:Valerio Pellizzari; [Pellizzari, V.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
ISBN: 9788858105351
editore: edigita
pubblicato: 2012-11-14T23:00:00+00:00


Picnic a Kargha

Dopo il gelo dell’inverno, quando i fiumi si gonfiano, il sole scalda, e anche le zone desertiche cambiano colore, coperte da una peluria verde, gli afgani mostrano un amore quasi pagano per la natura. Gran parte delle loro case sono povere, senza acqua, senza elettricità, con il cartone o la plastica alle finestre, raggiunte da strade malandate. Meglio sedersi all’aperto, in un prato. Se vicino c’è un lago, scorre un ruscello o un fiume, lo scenario è ideale, perfetto. Il verde dell’acqua, dei prati, e l’ombra degli alberi insieme aiutano a dimenticare il freddo dei mesi appena passati e ad affrontare il caldo e la polvere del deserto che l’estate porterà puntualmente. Nel linguaggio degli afgani, per indicare il vicino di casa o il compagno di viaggio, si dice che quella persona «condivide assieme a me la stessa ombra». Questa è un bene prezioso, impalpabile, regalato dalla natura.

In un piccolo villaggio sperduto nella provincia profonda, protetto da grandi alberi di noce, ho imparato come si mescolano orgoglio e povertà. Il rappresentante di quella minuscola comunità voleva invitare a pranzo, in mezzo all’erba, un ospite arrivato da Kabul, e riceverlo con un gruppo di altre persone attorno, perché è importante che i piatti siano colmi, ma anche che ci siano i commensali più autorevoli del luogo, con i loro abiti migliori. Il capo villaggio era squattrinato come tutti gli altri abitanti delle case lì attorno. Secondo le abitudini, la gallina a cui era stato tirato il collo, i pezzi di montone messi sulla brace, le fragole e lo yogurt dovevano essere pagati dall’invitato, ma senza dare nell’occhio, senza mortificare il padrone di casa. Tutti mangiarono con appetito. E prima di andarsene l’ospite, debitamente istruito in precedenza, lasciò al cuoco che aveva fatto avanti e indietro dalla cucina al prato un’abbondante mancia, che copriva il valore dell’intero banchetto. Quel denaro finì poco dopo nelle mani del capo villaggio, nonché zio del cuciniere e membro anziano della stessa famiglia.

Questo rituale di parole e gesti già concordati, prevedibili, attraversa tutta la vita sociale, da un acquisto al bazar fino alle ricorrenze più importanti come la nascita, il fidanzamento, il matrimonio, il funerale, la partenza per un lungo viaggio.

Ma un’altra di queste colazioni sull’erba mi ha lasciato malinconia e sconcerto, ha mostrato in filigrana come questo paese abbia perso le sue tradizioni, i suoi gusti, e molti giovani siano diventati estranei a casa loro. Alcuni amici afgani volevano mostrare in modo sontuoso il piacere di rivedermi in patria, e l’auto si stava dirigendo verso il ristorante più costoso della città, frequentato esclusivamente da stranieri e da autorità locali, accomunati dal fatto di arrivare quasi sempre con l’autista e la scorta, di avere quasi sempre la cravatta, e di non pagare mai il conto di tasca propria ma di scaricarlo sui rispettivi uffici. Proposi di lasciar perdere quella dépendance del protettorato e prendemmo la strada per il lago di Kargha, un bacino artificiale sulle rive del quale anni prima avevo dormito in un piccolo



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