Isaac Asimov - Robot 07 - I Robot E L'Impero (Robots and Empire, 1985) by Asimov Isaac

Isaac Asimov - Robot 07 - I Robot E L'Impero (Robots and Empire, 1985) by Asimov Isaac

autore:Asimov Isaac
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-03-09T00:00:00+00:00


PARTE QUARTA

AURORA

CAPITOLO UNDICESIMO IL VECCHIO CAPO

Kelden Amadiro non era immune dalla piaga umana dei ricordi. Anzi, ne era afflitto con particolare gravità. E i suoi ricordi erano ancor più tenaci in quanto uniti indissolubilmente alla l rabbia e alla frustrazione.

Venti decadi prima, tutto procedeva a meraviglia per lui. Era il fondatore e Capo dell’Istituto della Robotica (lo era tuttora) e per un attimo esaltante ,li era parso di poter conquistare il controllo totale del Consiglio, schiacciando il suo grande nemico, Han Fastolfe, e relegandolo in uno sterile ruolo di opposizione.

Se solo... ah, se solo...

(Più cercava di non pensarci, più i ricordi lo assalivano, condannandolo a una sofferenza e a una disperazione incessanti.)

Se avesse vinto, la Terra sarebbe rimasta isolata e lui avrebbe fatto in modo che decadesse fino a scomparire. Perché no? Quegli esseri dalla vita breve che affollavano un mondo guasto sarebbero stati meglio una volta morti... molto meglio morire, piuttosto che vivere la vita che avevano scelto per sé.

E i mondi spaziali, calmi e sicuri, avrebbero incrementato la t loro espansione. Fastolfe si era sempre lamentato che gli Spaziali erano troppo longevi e Si adagiavano troppo comodamente sui loro cuscini robotici per essere dei veri pionieri, ma Amadiro avrebbe dimostrato che Fastolfe aveva torto.

Invece, Fastolfe aveva vinto. Ormai di fronte a una sconfitta certa, chissà come, era riuscito incredibilmente ad annaspare nel vuoto ritrovandosi nelle mani la vittoria... un evento quasi miracoloso.

Era stato grazie al Terrestre, naturalmente... a quell’Elijah Baley...

Ma i ricordi di Amadiro, arrivati a questo punto, subivano una brusca impennata e cambiavano direzione. Amadiro non poteva rivedere quella faccia, risentire quella voce, rivivere quei momenti. Il nome di Baley era più che sufficiente. Venti decadi non erano affatto bastate ad attenuare l’odio che provava, a mitigare il dolore.

E con Fastolfe al potere, i miserabili Terrestri si erano staccati dal loro pianeta immondo insediandosi su un numero sempre maggiore di pianeti. Il turbine dell’avanzata terrestre aveva sbalordito gli Spaziali, paralizzandoli, bloccandone l’iniziativa.

Quante volte Amadiro si era rivolto al Consiglio ammonendo che la Galassia stava sfuggendo al controllo degli Spaziali, sostenendo che Aurora stava assistendo passiva all’occupazione di mondi e mondi da parte di quei sub-umani, che l’apatia si stava impossessando sempre più dello spirito spaziale!

«Svegliatevi!» aveva gridato. «Svegliatevi! Loro si moltiplicano. I mondi dei Coloni si moltiplicano. Cosa aspettate? Che ci azzannino alla gola?»

E come sempre Fastolfe aveva intonato la sua solita pacata cantilena soporifera, e gli Auroriani e gli altri Spaziali (che continuavano ad ispirarsi all’esempio di Aurora, anche quando Aurora non intendeva guidare nessuno) tornavano a

rilassarsi, ad assopirsi.

Apparentemente, l’evidenza non li scalfiva nemmeno. I fatti, le cifre, l’indiscutibile peggioramento della situazione, li lasciavano indifferenti. Amadiro urlava loro la verità, vedeva avverarsi ogni previsione, eppure la maggioranza seguiva Fastolfe come un gregge di pecore!

E Fastolfe constatava di persona la follia della propria linea politica e si ostinava a mantenerla! Sembrava quasi che non si accorgesse di sbagliare.

Se fosse stato un uomo capace di cedere a concetti fantastici, sicuramente Amadiro avrebbe immaginato che i mondi spaziali fossero vittima di una strana magia, di un incantesimo ottenebrante.



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