La fine del mondo: la Cometa del 2478 d.C. by Camille Flammarion

La fine del mondo: la Cometa del 2478 d.C. by Camille Flammarion

autore:Camille Flammarion [Flammarion, Camille]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Athanasius, Scribd
ISBN: 9798612278498
Google: qG1gzQEACAAJ
editore: Amazon Digital Services LLC - KDP Print US
pubblicato: 2020-02-09T23:00:00+00:00


L’urto

«As stars with trains of fire

and dews of blood».

Shakespeare, Hamlet, 1.

Inesorabilmente, come una legge del destino che nessuna potenza può piegare, come una palla che uscita dalla gola del cannone muove al bersaglio, la cometa avanzava sempre, seguendo la sua orbita regolare e precipitandosi con una velocità sempre crescente verso il punto dello spazio, a cui il nostro pianeta doveva arrivare nella notte dal 13 al 14 luglio (fig. 7).

I calcoli definitivi non si erano ingannati di un iota. I due viaggiatori celesti, la Terra e la cometa, si correvano incontro, come due treni lanciati uno contro l’altro nel fantastico e cieco galoppo del vapore, e che vanno a corpo morto a sprofondarsi, a sbriciolarsi nell’urto mostruoso di due rabbie insaziate. Ma in questo caso la velocità dell’incontro doveva essere ottocentosessantacinque volte superiore a quella dell’incontro di due treni rapidi lanciati uno contro l’altro, con la velocità di cento chilometri l’ora per ciascuno!

Nella notte dal 12 al 13 luglio, la cometa si sviluppò su quasi tutta la distesa dei cieli e si distinguevano, a occhio nudo, turbini di fuoco che giravano intorno ad un’asse, obliqua alla verticale. Pareva che ci fosse tutta un’armata di meteore in conflagrazioni disordinate, nelle quali l’elettricità ed i lampi davan luogo a combattimenti fantastici. L’astro fiammeggiante pareva girar su se stesso e agitarsi internamente, come se fosse stato dotato d’una vita propria e fosse tormentato da dolori. Immensi getti di fuoco irrompevano da diversi focolari, alcuni verdastri, altri d’un rosso sangue; i più vivi abbagliavano tutti gli occhi colla loro smagliante bianchezza. Era evidente che l’illuminazione solare agiva sul turbine di vapori, decomponendo alcuni corpi, producendo combinazioni esplosive, elettrizzando le parti più vicine, spingendo fumate al di là dell’immensa testa che arrivava fin sopra a noi: ma l’astro diffondeva fuochi molto diversi dal vaporoso riflesso della luce solare e lanciava fiamme sempre crescenti, come un mostro che si precipitasse sulla Terra per divorarla, incendiandola. Ciò che colpiva forse anche più, in questo spettacolo, era il non sentir nulla: Parigi e tutte le agglomerazioni umane tacevano istintivamente quella notte, come immobilizzate da un’attenzione che non aveva avuto l’eguale, cercando di cogliere qualche eco del tuono celeste che s’avanzava; e nessun rumore giungeva dal pandemonio cometario.

La luna piena brillava, verde nella rossa fornace, ma senza splendore: e non v’erano ombre.

La notte non era più notte. Le stelle erano scomparse, il cielo ardeva di una luce intensa.

La cometa si avvicinava alla Terra con una velocità di 147.000 chilometri all’ora e il nostro pianeta si avanzava nello spazio, con la velocità di 104.000 chilometri, da ovest verso est, in direzione obliqua all’orbita della cometa che, per la posizione di un meridiano qualunque a mezzanotte, si dirigeva a nord-est. La combinazione delle due velocità avvicinava i due corpi celesti di 173.000 chilometri all’ora. Quando le osservazioni, insieme col calcolo, constatarono che i contorni della testa dell’astro non erano più distanti della Luna, si seppe che il dramma doveva cominciare due ore dopo.

Contrariamente a quello che s’aspettava, la giornata del venerdì



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