La grande caccia by Ben Pastor

La grande caccia by Ben Pastor

autore:Ben Pastor
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2020-03-05T12:00:00+00:00


Scritte in una locanda vicino a Magdala/Tarichea, prima di continuare verso Cafarnao.

La mia prima visita ad Arbela genera più domande che risposte. Sono fiducioso che si tratti del luogo giusto, avendone il nome e l’aspetto, senza contare la sua vicinanza a Tiberiade, dove Cicada stava assolvendo ai suoi doveri di servizio. Ne consegue che so esattamente dove cercare? No. Stasera stilerò un messaggio per il Nostro Signore Galerio, chiedendo urgentemente istruzioni su come procedere.

Strano come i nomi abbiano le loro storie. La nostra famiglia deriva il suo dallo sparto, un rude arbusto simile al citiso, usato per fare ramazze. Noi della cavalleria agiamo come scope che spazzano via il nemico, o quel che ne resta. Dunque il mio nome e la mia professione sono in accordo. Ma Cicada, col nome di un insetto che i ragazzini chiamano “grillo d’albero”! La favola racconta della cicala imprevidente, eppure quest’uomo ha tenuto segreto per vent’anni un accumulo di ricchezze che farebbe vergognare le più assennate formiche del mondo.

Se contemplo il mio solitario compito, devo invidiare ebrei e cristiani, convinti come sono che la divinità possa accordare loro prodigi e miracoli. Perfino Odisseo aveva Atena che gli appariva in varie guise per mostrargli la strada. Io non ci credo, e non mi aspetto appoggio Divino. Dipendo solo dalla mia logica. Dopotutto, se come leggo in Flavio Giuseppe un dio aprì il Mar Rosso agli ebrei in fuga, come mai la loro capitale è poi caduta più volte in mano nemica, fino a essere rasa al suolo da Adriano?

Rispetto il comportamento morale dei cristiani, simile a quello che ho imparato dagli Stoici. Differisco da loro nel ruolo che riconosco alla Necessità, figlia del Tempo, madre dell’Etere, del Caos e dell’Oscurità. Non possiamo sfuggirle. Dobbiamo esserne all’altezza, e se necessario morire guardandola in faccia. La Necessità implica conflitto e guerra, perciò noi soldati non possiamo esimerci dal servire sotto le insegne. A sua volta, la guerra – un male in sé – implica ferimenti e uccisioni, quindi noi soldati non possiamo esimerci dal distruggere i nemici di Roma. Chiunque predichi fratellanza non è mai stato, come me, ai confini estremi dell’Impero. Non ha mai visto interi popoli varcarne la frontiera, uccidendo e violentando, cercando di offuscare il volto radioso dell’Urbe. Per essere pratici, non si può porgere l’altra guancia (cito a modo mio un proverbio cristiano) quando un catafratto persiano ti cavalca contro a briglia sciolta per trafiggerti con una lancia di dieci piedi.

E insisto: a dispetto di Eusebio, non c’è pregiudizio morale nel provare piacere con una donna, purché lei sia consenziente – perché le piaci, ti ama, o la paghi bene – e tu rifugga dal diventare schiavo della carne. I miei giorni con Anubina erano la perfezione stessa. Come potevano offendere un dio? A mio modesto avviso, ebrei e cristiani dovrebbero badare a non divenire troppo acidi e sprezzanti del mondo.

Una nota finale: 1400 libbre d’oro possono sembrare una grande quantità, ma non dimentichiamoci che gli antichi re erano immensamente ricchi. Se dobbiamo



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