Lettere non italiane by Ficara Giorgio

Lettere non italiane by Ficara Giorgio

autore:Ficara Giorgio [Giorgio, Ficara]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2016-04-14T22:00:00+00:00


3.5. Elisabetta Rasy tra saggio e romanzo

I. È ancora possibile scrivere un saggio su una tazza da caffè, e trarne conclusioni generali, come faceva Charles Lamb? O pervenire a una certa consequentia tra i banchi d’una pescheria a Catania, di fronte al pesce luna, come faceva Mario Praz? La materia dei saggi è innanzitutto distrazione, capogiro, inciampo sul cammino diritto delle idee. L’ostacolo, il muro di voci umane o di latrati di cani a un angolo di strada, di odore di cera su una commode Chippendale o di cherosene in un arsenale, sono il necessario momento confuso in cui la critica organizza i suoi argomenti e si dispone a classificare, distinguere, produrre i suoi assiomi.

L’umanità o, su un piano appena diverso, la materialità del pensiero critico è il perno su cui ruota questo Figure della malinconia di Elisabetta Rasy. Parlando d’arte e di artisti – Hopper e Cima da Conegliano, Tiziano e un anonimo “riggiolaio” napoletano – ma parlando soprattutto delle cose viste nei loro quadri o nei loro affreschi, l’autrice passa inavvertitamente e continuamente dal piano del riscontro a quello della meditazione o, appunto, d’una laboriosa malinconia. Se guarda il soffitto di Santa Costanza a Roma, quei resti effigiati d’un banchetto capovolto (foglie, lische di pesce, conchigliette, nocciole...), subito li paragona acutamente a quelli poi abbandonati nei quadri di Matisse, di Stevens, di Vuillard, o a quelli originari delle antiche decorazioni musive, ma subito dopo, con un “salto” reso inavvertibile nella tensione armoniosa della scrittura, suggerisce che “l’oggetto che giace al suolo insinua in chi lo contempla il malessere di ogni cosa caduta, abbandonata, dimenticata”. E che “nel tempo eterno dell’immagine nessuno lo raccoglierà”.

Come un moralista – e il contrario di un moralista: un libertino – Elisabetta Rasy ci accompagna nella caducità stessa con l’equilibrio di chi ama la vita, le sue increspature, accarezza ogni atomo di materia mondana, e d’altra parte l’allontana, la lascia, la vede sola, in sé. In particolare catturano la sua attenzione gli oggetti abbandonati o in bilico nell’angolo di un quadro, quelli che ammiriamo quando sono “dipinti”, come diceva Pascal: un libro “le cui pagine sono sfogliate dall’aria che entra dalla finestra”, un piccolo rotolo che sta per finire per terra, un bicchiere di birra, una pipa di argilla, gusci di nocciole, carte da gioco e una copia del “New York Times” di un giorno perduto dell’anno 1879 (in un quadro di Harnett).

La Maddalena penitente del Caravaggio, prima di ogni altro, è circondata di oggetti caduti o dimenticati per terra, una collana di perle, un bracciale, una catena d’oro, un vaso di profumo: “oggetti derelitti che decidono il senso della scena”, segnali di malinconia e d’angoscia almeno quanto la lacrima che scende sulla gota della fanciulla (dagli anomali capelli rossi): “Il terribile abbandono di quella sconosciuta addormentata ci racconta la precisione di quegli oggetti solitari.” Il “di più” di vita del lusso, della cura, della ricerca di perfezione d’un ornamento, di un amor vitae eccezionalmente fervido, si volge nel “meno” di un’estraneità assoluta, di



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