L'Invasione Degli Uguali by Frederik Pohl

L'Invasione Degli Uguali by Frederik Pohl

autore:Frederik Pohl [Pohl, Frederik]
Format: epub
pubblicato: 1986-01-01T22:00:00+00:00


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ALBUQUERQUE, NEW MEXICO

Altitudine 5196 piedi

Il New Mexico, sant'Iddio! Cosa potevano volere da me nel New Mexico?

Ovviamente Moe non si sarebbe preso la briga di dirmelo. La hostess venne a battergli su una spalla per svegliarlo, e subito lui si sporse a scuotere l'altra guardia, ma tutto ciò che disse a me fu: — Ricorda quel che ti ho detto. — Con un cenno lo tranquillizzai sulle mie capacità mnemoniche. Ci fecero aspettare finché tutti i passeggeri furono scesi dal Boeing, poi ci fecero aspettare ancora un po', mentre i meccanici controllavano qualcosa dei grossi motori e un'autocisterna riforniva i serbatoi di benzina a 100 ottani.

Poi alla porta del terminal comparve un uomo che alzò un pollice verso Moe, in attesa al finestrino.

Le manette scattarono e fui fatto incamminare verso l'uscita, ma mi costò uno sforzo non vacillare qua e là ed evitare d'inciampare sulla scaletta. Io e l'altro prigioniero venimmo indirizzati alla porta di un terminal che sembrava esser stato costruito come scenario per un musical d'ambiente latinoamericano. C'era gente che ci guardava. I curiosi più vicini furono scostati con un cortese «Circolare!» e una spinta, ma non erano molti, perché gli scagnozzi dell'FBI non erano difficili da riconoscere e la gente sapeva quand'era il caso di tirar via diritto. Fuori c'era una grossa auto. Moe mi affiancò sul sedile anteriore, e l'altro prigioniero con la sua guardia sedettero dietro. Una macchina della polizia cittadina ci fece strada, l'autista diede gas e le schizzammo dietro. A velocità fin troppo sostenuta attraversammo la cittadina e quindi girammo sulla statale, che serpeggiava verso una zona collinosa.

Dopo quasi un'ora di corsa apparve un crocevia, e l'auto rallentò rapidamente. Era una terra quasi desertica, le strade silenziose si allontanavano verso i quattro punti cardinali, e gli unici edifici erano una stazione di rifornimento ed un motel. L'insegna sull'ufficio diceva: «LA CUCARACHA — Il riposo del viaggiatore». L'ultimo nome che io avrei mai dato a un motel.

E se fossi stato un viaggiatore desideroso di riposarmi, la vista delle guardie armate sul vialetto mi avrebbe incoraggiato a riposare altrove.

Le guardie, comunque, erano un tocco decorativo a cui cominciavo ad assuefarmi. Così c'erano segni buoni e segni cattivi. Quello cattivo consisteva nel proseguimento della mia detenzione. Quello buono nel fatto che la detenzione sarebbe proseguita a Leavenworth o in un campo consimile, dove mi avrebbero tenuto finché non fossero stati pronti a farmi uscire... se ne sarei uscito. Doveva essere una delle isolette nell'arcipelago dell'FBI. Non potevano aver intenzione di trattenermi a lungo. Avrebbero dovuto lasciarmi andare.

Come alternativa, dal motel «La Cucaracha» poteva uscire di me appena quel che bastava per essere rimandato a casa per la sepoltura.

Non ebbi il tempo di farmi altre domande. Il mio silenzioso collega ed io fummo spinti in una delle piccole stanze, dove ci venne ordinato di sedere sul bordo del letto e starcene quieti, mentre Moe si piazzava sulla soglia con gli occhi fissi su di noi e l'altro faceva il palo all'esterno. Non dovemmo aspettare per molto. Da



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