Noctis Labyrinthus Il giorno della sfida by Paolo Aresi

Noctis Labyrinthus Il giorno della sfida by Paolo Aresi

autore:Paolo Aresi [Aresi, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Science Fiction, space opera, Hard Science Fiction, Science, Physics, Astrophysics
ISBN: 9788825406054
Google: SjhbDwAAQBAJ
editore: Delos Digital srl
pubblicato: 2018-05-22T13:26:02+00:00


19

Era per via del caldo di luglio, del mare che in certi tratti sembrava azzurro. Era per via del cibo che era buono, della nave, del vento. Piotr era convinto di avere fatto bene a imbarcarsi in quell'avventura. Aveva lasciato una posizione discreta, all'ombra del Cremlino, un lavoro sicuro ed una casa comoda.

Ma quel sole, quel mare che non era del tutto soffocato dal petrolio gli davano sensazioni che non ricordava. Pensò a suo padre, e pensò che aveva fatto bene a scegliere quel lavoro nuovo. Pieno di incognite, strampalato, ma così vicino alla sua vocazione.

Non rimpiangeva la bancarella, il vento freddo che la spazzava fino a maggio e gli tagliava la pelle, alla faccia dell'effetto serra che scioglieva i ghiacciai.

Piotr guardava la scia della nave tagliare le onde e i gabbiani in corteo nel cielo quando sentì che lo chiamavano. Sergej era là dritto con il pallone sottobraccio mentre Lev, il fratellino più piccolo, correva in tondo sul ponte di poppa, pantaloncini e maglietta bianca e i capelli arruffati. Gridavano di andare lì.

Piotr li raggiunse. Le due porte erano già pronte, segnate con le borse. Piotr raccomandò di fare attenzione per non spedire in mare la palla. Il papà prese la sfera, scartò Lev e poi Sergej, ma Sergej gli si attaccò a una gamba e lo fece cadere. Lev si impadronì del pallone e tirò nella porta del papà e gridò: — Gol!

Piotr si alzò con la faccia seria. Disse: — Annullato. Punizione.

Sergej disse: — Sono io l'arbitro.

Piotr disse: — Punizione, andate in porta. — Andarono a difendere la porta brontolando. Sergej ripeté: — Sono io l'arbitro. — Piotr si aggiustò la palla. Fece un passo indietro.

Sentirono gridare. Alzarono gli occhi al ponte superiore.

Era la mamma. Piotr pensò che Valentina era bella. Era abbronzata e gli occhi azzurri suggerivano una luce straordinaria. Valentina gridava: — Si vede la terra!

Quando le quattro grandi gru sollevarono il primo stadio di Energija nel cielo del tardo pomeriggio, a O'Neill venne un groppo alla gola. Vide il cilindro bianco scintillare e i ciclopici ugelli neri e in quel momento dimenticò tutti i problemi e il rumore delle gru, le grida dei marinai e il cigolare delle catene d'acciaio. La più potente macchina per viaggiare mai creata dall'uomo, capace di una spinta pari a diecimila tonnellate. Diecimila tonnellate che avrebbero spinto verso il cielo quella torre alta più di cento metri. Che lo avrebbero spinto verso Marte.

In quel momento le gru si erano fermate. Catene tese allo spasimo. Cigolii sinistri. O'Neill temette che gli anelli si spezzassero, che il razzo cadesse rovinosamente sul lungo ponte della nave. Grida concitate degli scaricatori. Sperò che ancora sapessero fare il loro mestiere. I giganteschi autocarri aspettavano sulla banchina. Avrebbero viaggiato sull'autostrada per alcune ore riservata solamente a loro. Un viaggio a venti chilometri all'ora fino allo svincolo che avevano creato apposta e alla strada che avevano ampliato in due mesi di lavoro fino al Capo Teulada.

O'Neill si sentì toccare la spalla. Era suo figlio Paul. Vide l'altra gente che dalla banchina fissava le operazioni.



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