Oates Joyce Carol - 2014 - Scomparsa by Oates Joyce Carol

Oates Joyce Carol - 2014 - Scomparsa by Oates Joyce Carol

autore:Oates Joyce Carol [Oates Joyce Carol]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788852076695
Google: ZugbDQAAQBAJ
editore: Mondadori
pubblicato: 2016-10-10T21:00:00+00:00


1. Parola ebraica, che significa “faccia tosta”, “insolenza” (NdT).

10

Il tradimento

Temple Park, Florida, marzo 2012

Non trovava il coraggio di dirlo.

Di pronunciare quelle parole. Non ci riusciva.

«… devo lasciarla. Mi dispiace tanto.»

Lui non replicò. Forse era rimasto sconvolto.

Forse era furibondo. Lei non riusciva a guardarlo!

Disse, balbettando: «… credo di dover tornare dove… io…».

Si sentiva svenire. Aveva un ronzio nelle orecchie, era la pressione alta.

«… stavo prima. Nel posto da cui sono “scomparsa”.»

L’Investigatore si allontanò da lei. Improvvisamente, l’Investigatore uscì dalla stanza.

Lei sentì sbattere forte una porta. E poi un’altra. Si coprì le orecchie con le mani.

Tra loro non era mai accaduto nulla di simile. L’Investigatore e la sua Stagista: i loro rapporti erano sempre stati rigorosamente professionali, impersonali.

Non si accorgeva che lei lo guardava. (Vero?)

Non si accorgeva che lei gli sorrideva, alle spalle. (Vero?)

Gli occhi celesti dell’Investigatore si posavano su di lei. Il suo non era uno sguardo tenero, affettuoso, eppure, nel vedere che l’Investigatore la guardava, con quel sorriso beffardo, con quel sorriso perplesso e ingenuo, lei provava un moto di speranza e di desiderio; provava una sensazione che da tempo credeva sopita, per il disgusto e la vergogna di sé.

«McSwain! Venga, mi serve un consiglio.»

Oppure gridava: «McSwain! Qui».

Come molti suoi coetanei, l’Investigatore fingeva di non intendersi di informatica. Non sapeva navigare in rete come la Stagista. (In realtà non era vero. L’Investigatore se la cavava discretamente con il computer, almeno con i programmi che conosceva. La Stagista invece procedeva a casaccio, alla cieca, con una pazienza dovuta al disperato bisogno di non farsi prendere dall’isteria. La Stagista trasudava calma per principio.)

«McSwain!» A volte il grido era supplichevole, un cri de cœur. Eppure l’Investigatore sapeva anche essere divertente.

Le chiedeva di aprirgli un barattolo. Una lunga, grossa bottiglia del suo succo preferito, quello di melograno. Perché?

«Ovviamente le sue dita sono più forti delle mie, McSwain. Lei è giovane, ha una buona presa.»

Non si trattava di leggere dei caratteri minuti. Non si trattava di usare un telecomando, un “menu”. «Non ho mai imparato a usare un “menu”. Ci pensi lei, McSwain.»

Adesso non più. Adesso il tono fra loro non era spiritoso, allegro.

Perché lei stava cercando di non andare in pezzi. Di comportarsi con estrema cura, con cautela. Nella campana subacquea dipinta di quel bizzarro carta da zucchero, aveva capito quanto fosse arrivata vicina all’annientamento, all’estinzione.

In quel luogo la morte veniva affrettata. La morte non arrivava per caso o per una serie “naturale” di eventi: la morte veniva decretata, la morte veniva comminata.

Aveva la nausea per il senso di colpa. Aveva il disgusto per il senso di colpa.

Quella sera nella casa con le pareti a vetri dell’Investigatore, sul canale Rio Vista. Quella sera dopo la spossante visita al carcere Orion, da cui erano tornati solo nel tardo pomeriggio.

Per quasi tutto il tragitto era stato l’Investigatore a guidare il SUV. La Stagista si sentiva debolissima, aveva le vertigini. Si sentiva svuotata.

Era la prima volta che crollava in quel modo, da almeno un anno.

La prima volta che le succedeva da quando era stata assunta.

Era a pezzi, come vetro in frantumi che le fosse sfuggito dalle mani infrangendosi.



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