Storia e geopolitica della crisi ucraina by Giorgio Cella
autore:Giorgio Cella [Cella, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Studi storici Carocci
editore: Carocci editore S.p.A.
pubblicato: 2021-12-31T23:00:00+00:00
7.2 Il dominio russo nel XIX secolo e la reazione nazionalista
Nelle circostanze sopra delineate, la maggior parte degli ucraini etnici â più di 17 milioni di persone[12], la cui maggioranza era composta da agricoltori â veniva a trovarsi sotto lâImpero zarista, che controllava oltre lâ80% dellâodierno territorio ucraino: gli ucraini risiedevano principalmente in nove delle molteplici province nel quale fu suddiviso, come sopramenzionato, il territorio dellâUcraina del Dnepr. Oltre allâImpero russo, come accennato, lâaltra compagine imperiale che, a seguito della prima spartizione polacca del 1772, controllava cospicue zone dâUcraina durante il XIX secolo era lâImpero austriaco degli Asburgo.
Questâultimo aveva infatti sotto il suo controllo il 15% del territorio ucraino, al cui interno vivevano oltre 2.200.000 ucraini[13]. Il territorio sotto il controllo asburgico era ripartito in tre suddivisioni regionali: Galizia, Bucovina e Transcarpazia. Tornando allâoperato russo in Ucraina nel XIX secolo, ricordiamo come nel 1860 le autorità zariste implementarono varie riforme, la più importante delle quali era nota come la Grande emancipazione (1861) e si proponeva di abolire la servitù della gleba[14], una condizione arcaica che era stata introdotta tra lâaltro dagli stessi russi, precisamente dal primo governatore russo dellâetmanato in seguito alla fine dellâautonomia di questâultimo decretato da Caterina II[15]. Nel decennio che va dal 1860 al 1870, in una non certo insolita emulazione del progresso politico-sociale che avanzava in Europa occidentale, il governo zarista fece altresì qualche timido tentativo nellâottriare una dimensione in qualche modo più democratica nella gestione delle province imperiali tramite forme limitate di autogoverno locale (zemstvo)[16].
Nel corso del XIX secolo, la nuova riorganizzazione del territorio ucraino sul piano amministrativo da parte dei russi si replicò anche sul piano delle strutture ecclesiali del paese, portando dunque â come illustrato nei capitoli precedenti â anche a unâalterazione degli spazi culturali del paese sino a quel momento plasmatisi allâinterno di unâidentità ucraina che, come noto, si era sviluppata senza una propria definita cornice statuale. Il governo russo difatti, come intuibile, fece il possibile per contrastare, arrestare e ridurre la presenza della Chiesa uniate. Nel 1686 innanzitutto la Chiesa ortodossa ucraina venne posta a livello giuridico in una posizione subordinata a quella russa, al posto della tradizionale subordinazione a quella di Costantinopoli[17]. Come abbiamo già avuto modo di vedere, dallâistituzione del Santo Sinodo del 1791 per volere di Pietro il Grande, la Chiesa ortodossa russa cambiò in parte la sua missione, o meglio, la rese un ennesimo strumento governativo volto ad ampliare e fortificare la proiezione imperiale di San Pietroburgo[18]. In questo frangente, che vedeva il potenziamento della Chiesa ortodossa in quanto strumento di potere politico, si ricordi come anche lâattività missionaria â con il pretesto fornitogli ad esempio dal ritorno allâislam dei tatari battezzati â fu ripresa con forte slancio, con la motivazione che «lâunità nella fede avrebbe rafforzato anche lâunanimità dello Stato»[19]. Il sistema di riorganizzazione dei territori nella riva sinistra del Dnepr, in armonia con il piano amministrativo, finì con la risistemazione anche di quello religioso delle eparchie. Il nuovo modello organizzativo prevedeva in tutto nove eparchie,
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