Viaggio nel Giappone sconosciuto by Massimo Soumaré

Viaggio nel Giappone sconosciuto by Massimo Soumaré

autore:Massimo Soumaré [Soumaré, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Lindau
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Nelle versioni precedenti, come quella del 1891, si dichiarava semplicemente che era la forza di fuoco a determinare la vittoria. Ma siamo in un periodo in cui in Giappone crescono il nazionalismo e il militarismo, e la vecchia idea del Periodo Edo, sulla superiorità delle spade e una supposta eccellenza e abilità dei giapponesi nell’usarle, ha evidentemente fatto breccia persino tra gli alti ufficiali dell’esercito. Siamo anche subito dopo la già menzionata Battaglia di Port Arthur, che, con la conquista della collina 203 ottenuta grazie ad attacchi con la baionetta, ha di certo contribuito a rafforzare questa tesi, nonostante il bagno di sangue che la vittoria è costata.

Anche il famoso bushidō, la via del guerriero, nell’accezione attuale è un’idea che nasce in quegli anni.

Il termine compare per la prima volta nel Kōyō Gunkan (Lo specchio militare della provincia di Kai, compilato tra il 1575 e il 1577 da Kasuga Toratsuna, 1527-1578), un documento riguardante le gesta militari del clan Takeda, dove il termine, all’epoca un neologismo, concerne le tecniche di sopravvivenza dei singoli combattenti, ponendo l’accento sul fatto di contribuire allo sviluppo della propria famiglia o gruppo grazie al conseguimento di onori militari. Un guerriero deve servire un signore che sappia sfruttare le sue capacità e abbandonare chi non sia in grado di farlo. L’importante è vincere, costi quel che costi. Sono del tutto assenti i concetti confuciani di rispetto per i superiori. Va detto che le varie idee di bushidō fino al 1868 erano perlopiù di questo tenore. I concetti di fedeltà al proprio signore presenti nell’Hagakure (All’ombra delle foglie) dettato da Yamamoto Tsunetomo (1659-1721) tra il 1710 e il 1716 – questo sì implicava idee neoconfuciane37 – erano più il frutto di una visione personale di Yamamoto che un sentimento diffuso. Tant’è che la stampa del volume fu proibita non solo dal governo, ma anche all’interno dei feudi. Il fatto è che propugnava una fedeltà assoluta soltanto verso il proprio superiore diretto, non verso lo shōgun o i guerrieri di rango più elevato. Il suo successo è iniziato solo nel 1906, dopo essere stato pubblicato per la prima volta sull’onda della popolarità del volume Bushidō. L’anima del Giappone (Bushido. The Soul of Japan)38 scritto direttamente in inglese da Nitobe Inazō (1862-1933, esperto di economia agraria, educatore, diplomatico e politico) e pubblicato nel 1899 a New York. Impiegando la filosofia e la scienza della fine del XIX secolo, Nitobe cercò di spiegare agli occidentali non soltanto il bushidō, ma anche le particolarità del pensiero giapponese. I samurai che descrive erano tuttavia basati su un’immagine che si aveva di loro nel Periodo Meiji, invece che su quella storica, con descrizioni che ricordavano i valori dei cavalieri medievali europei. Il libro è stato tradotto in giapponese nel 1908.

Eppure, già l’intellettuale neoconfuciano Ogyū Sorai (1666-1728) sosteneva che il bushidō non esistesse e che nel passato c’era solamente il bugei, le «arti marziali». Ogyū affermava:

Si dice che oltre alla «via del saggio» ce ne sia un’altra, la «via del guerriero», che è più conforme al nostro paese.



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