A pala e piccone by Vincenzo A. Scalfari

A pala e piccone by Vincenzo A. Scalfari

autore:Vincenzo A. Scalfari [Vincenzo A. Scalfari]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2023-06-06T22:00:00+00:00


Una pietra non è niente,

due forse è qualcosa,

tre sono un murello

e quattro è un muro bello.

E un giorno, non meno innocuo di tutti gli altri giorni, me ne andavo su e giù per tutto il sito. Il responsabile di scavo mi aveva consegnato a un certo settore, ma dopo un’oretta di lavoro, che consisteva nel rimuovere terra con il piccone o la trowel, caricarla su una carriola o in un secchio con la pala, e poi scaricarla in un mucchio, solitamente facevo una pausa, e mi mettevo a fumare e passeggiare in lungo e in largo per indagare l’evoluzione degli altri settori, attività, la mia, che a me serviva per avere una visione più generale e ampia dell’area di scavo, ché di starmene confinato nel mio mi annoiava, ma che a lui, che era il capo, doveva dare molto fastidio, perché andare in ricognizione per l’area di scavo e interpretare muri, cronologie, stratigrafie, era giustamente sua prerogativa e privilegio; sarebbe stato lui che alla fine della settimana avrebbe fornito a tutti l’interpretazione dello scavo, e io dovevo apparire ai suoi occhi come un disturbo, un fastidioso insetto che svolazza in traiettorie tutte sue, ronzando e molestando i viventi. Ero stato un po’ scorretto, perché nel tragitto tra la stazione e lo scavo gli avevo promesso che me ne sarei stato buono laddove lui mi avrebbe destinato, ma la curiosità di scoprire in giro era troppo grande, e perciò andavo a spasso.

Quanto alla filastrocca, in una di queste mie indagini autonome, in un certo settore che quel giorno era rimasto abbandonato, mi pareva di aver intravisto la traccia superficiale di una cresta muraria, e quindi avevo recuperato una scopa e stavo ripulendo per capire se era un abbaglio mio oppure se c’era veramente un muro.

Seguendo quella traccia, avevo delineato la sagoma di una decina di pietre, tutte lavorate, che emergevano dalla terra perfettamente in linea tra loro, insomma: un muro. Ora non dico che avessi fatto la scoperta del secolo perché, al di là del materiale edilizio, al di là dell’opus, e cioè del tipo di paramento o rivestimento, che nel mondo romano possono variare di secolo in secolo e di territorio in territorio (e questo lo dico per fare vedere che qualcosa ne so, perché a urbanistica del mondo classico avevo preso ventotto ma secondo me meritavo molto di più), insomma al di là di queste variabili, come sia fatto un muro lo sa anche uno che non ha studiato urbanistica all’università, e infatti era piuttosto evidente che si trattava di un muro, anche se ancora non lo aveva visto nessuno, e io m’ero messo a ripulirlo non solo e non tanto per metterlo in evidenza ed essere più che sicuro che fosse un muro, nonostante già apparisse come muro in tutta la sua evidenza, sebbene nessuno lo avesse ancora visto; lo ripulivo anche per capire dove andava, vale a dire per scoprire se si attaccava a qualche altro muro, e se cioè era parte di un edificio più grande,



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