Achille e Odisseo by Matteo Nucci

Achille e Odisseo by Matteo Nucci

autore:Matteo Nucci
La lingua: ita
Format: epub, mobi
editore: Einaudi
pubblicato: 2020-03-23T12:00:00+00:00


10. Le viscere di Achille e di Odisseo.

«Quando la voglia di cibo e di vino cacciarono».

Chi ha letto i poemi sa quanto sia ricorrente la formula con cui gli aedi cantano il banchetto, quella dimensione di convivialità destinata a diventare centrale nella Grecia classica, e che del resto riveste un ruolo di primo piano in qualsiasi cultura al di là di ogni tempo e ogni spazio. Perché nutrirsi è atto primario, decisivo alla sopravvivenza, capace di scandire e dare ritmo e forma a ogni giornata, dunque anche fondamentale, quando la necessità viene soddisfatta, a creare situazioni rituali. Nei momenti in cui gli eroi si incontrano, discutono, tacciono, celebrano un ritrovamento, una perdita, un affetto, sempre è l’occasione per imbandire tavole e brindare sul cibo che si ha a disposizione. Un atteggiamento che evidentemente supera ogni confine spazio-temporale e che nessuno può dire di non condividere.

Ma la ritualità del gesto, la ritualità del sedere assieme a tavola e condividere il pasto e le bevande, si allontana di molto dalla pura e semplice nutrizione. Tutti noi sappiamo bene, anche quando non ne avessimo mai fatto esperienza, che la nutrizione primaria in senso stretto non può avere nulla a che fare con la cerimonialità del gesto conviviale. Ci sono momenti in cui è necessario pensare soltanto alle viscere.

Si tratta di situazioni che si rivelano uniche per comprendere il nostro posto nel mondo. Perché spesso soltanto nella radicale necessità noi possiamo fare i conti con noi stessi. Siamo immersi in un cosmo che chiamiamo natura; ma qual è la nostra natura interiore? Come ci occupiamo del nostro corpo, delle nostre viscere? E come, questo nostro corpo, abita il cosmo?

Non possiamo rispondere a domande simili (né possiamo porle) senza sentirci in qualche misura ridicoli. Eppure sono le questioni che viviamo quando ci troviamo a contatto con la necessità, con la malattia, con l’urgenza. La cura del corpo, infatti, quando tutto il resto viene a mancare, ossia in circostanze estreme in cui non c’è nient’altro che il corpo da alimentare, diventa paradigmatica del nostro rapporto con la natura in cui abitiamo. È quel che ci mostrano Achille e Odisseo in atteggiamenti una volta ancora molto diversi. Un aspetto decisivo per completare il nostro viaggio all’interno dell’eroismo omerico che – come ho detto piú volte – non rappresenta altro che l’umanità e l’eroismo di ogni tempo.

Mangiare. Curare le nostre viscere. Trovare un posto nel mondo. Sono questioni su cui la foga di Omero nel cucire i canti che gli aedi avevano trasmesso nei secoli raggiunge vette di particolare perfezione.

Patroclo è morto e Achille è in preda a una disperazione che si è trasformata in selvaggia brama di distruzione e vendetta. Tutto improvvisamente è cambiato. L’ira che lo aveva spinto a rinchiudersi nel rancore si è dissolta in un attimo. Il dolore mostruoso che provoca la morte di chi si ama senza gelosie lo stravolge rendendolo un altro uomo. E la collera che lo aveva preso contro Agamennone è nulla di fronte alla violenza rabbiosa che gli si scatena nell’animo a immaginare Patroclo ucciso sul campo di battaglia.



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