Amado Jorge by cacao

Amado Jorge by cacao

autore:cacao [cacao]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-04-25T09:19:12+00:00


Il raccolto continuava. I cocchi cadevano a terra con un tonfo sordo: pam-pam. Honório cantava canti di macumba: Sono un piccolo caboclo

Ho solo sofferenze

Sono venuto sulla terra solo

Per bere dei filtri magici.

La voce si perdeva per le piantagioni di cacao. Il tonfo monotono dei cocchi accompagnava il canto, come dei negri che battessero sugli urucungos:

Pam-pam-pam

Per bere dei filtri magici.

Per bere dei filtri magici.

Ombra. Molta ombra. Il vento, quando scuoteva gli

alberi, faceva cadere delle gocce d’acqua sulle nostre spalle nude. Noi rabbrividivamo. Joào Grilo una volta fece un gioco di parole, uno dei grandi orgogli della sua vita di mulatto burlone:

«Per queste gocce solo una pinga…» e si vuotò la bottiglia.

Honório, mentre tirava giù i frutti di cacao, cercava il suo ideale:

Io voglio una bruna

Che sia carina

Che sia carina

Con un nastro nei capelli.

La bruna non appariva.

Io voglio una vedova

Che sia ricca

Che sia ricca

E tutta magra.

Ma né la bruna né la vedova apparivano. Magnòlia

sorrideva alle canzoni, gli occhi perduti lontano, ma aveva lo stesso le mani intente al lavoro, il coltello a dividere i cocchi. Si sta ricordando di Colodino, pensavamo noi. E

nelle nostre vite senza amore (esiste forse qualche amore nelle fazendas di cacao?…) avevamo un momento di nostalgia. L’amore era fatto solo per i ricchi? Honório diceva ad alta voce quello che tutti noi dicevamo a noi stessi:

«Che vita di merda.»

Le lunghe e larghe barcaças davano l’idea di un gruppo di fiere che dormivano al sole a bocca spalancata. I semi si seccavano. Noi, due volte al giorno, danzavamo su di loro, una danza in cui erano solo i piedi a muoversi. Il sole scottava sulle spalle nude. Sul fondo, il cocho, un rettangolo sporco, attraverso le cui spaccature scorreva un liquido viscoso, sembrava una trappola per topi. E su tutto dominava la stufa, con il suo forno alto, in cui il cacao veniva seccato nei giorni di pioggia a furia di fuoco.

Quando si metteva a piovere correvamo verso le tettoie di zinco che stavano sopra alle barcaças. E in giugno e luglio quasi tutto il cacao andava nella stufa, dato che le giornate di sole scarseggiavano.

La stufa ci inghiottiva uno a uno e lavoravamo in mezzo a un caldo infernale. L’inferno, proprio quello descritto dai frati tedeschi di Sào Cristovào, non poteva essere peggiore. Sudavamo come dannati e, quando uscivamo di lì, con i pantaloni di poco prezzo inzuppati ci buttavamo nel fiume.

Una volta, però, Joào Amaro, dopo il lavoro nella

stufa, si mangiò un’anguria. Noi vegliammo per tutta la notte il suo cadavere. E incominciammo a temere la stufa come un nemico poderoso. Joào Amaro lasciò una moglie e tre figlie. La vecchia e due delle figlie andarono a fare la vita. L’altra andò ad abitare con Simeao senza le benedizioni inutili del giudice e del prete.

Il pomeriggio, davanti allo spaccio, chiacchieravamo mentre affilavamo i coltelli. Algemiro saltò giù dal mulo: «Deoclécio!»

L’uomo delle barcaças chiese:

«Che cosa c’è?»

«Ho ricevuto una lettera dal coronel.»

«Nell’ultima spedizione ci sono state trenta arrobas di good.

«Di good? Dalle mie barcaqas è uscita solo qualità superiore.»

«E allora è stato dalle barcaqas di Zé Luis.



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.