Ascanio e Margherita by Marina Jarre

Ascanio e Margherita by Marina Jarre

autore:Marina Jarre [Jarre, Marina]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Historical, General
ISBN: 9788833905327
Google: 8acIAQAAMAAJ
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 1990-04-02T22:00:00+00:00


III. Il moto del sangue e degli spiriti

I francesi ritornarono ancora in agosto e finirono col far saltare completamente il forte non senza aver cercato prima di stabilirvisi. Ne furono però scacciati all’arma bianca e fuggendo diedero fuoco ai barili di polvere già preparati.

Ogniqualvolta si era saputo del loro approssimarsi, gli abitanti del borgo avevano abbandonato le case, ma la prima volta se l’erano trovate incendiate dopo l’incursione. «Brûlez, brûlez tout», scriveva il Louvois da Parigi a Catinat. La seconda volta, per fortuna, i francesi erano stati disturbati dall’attacco valdese al quale aveva partecipato persino più d’uno dei cattolici del borgo che non aveva altra arma che le pietre ma le adoperò bene.

Jean con la moglie non era tra costoro. Si erano rifugiati con le altre famiglie verso la val d’Angrogna, nei folti boschi sotto i «Marauda» e quando avevano sentito saltare il forte avevano creduto che tutta La Torre fosse ormai distrutta. Ritornati la sera alle loro case, mentre si sentivano giù verso Luserna i boati delle esplosioni con le quali i nemici facevano saltare il forte e le mura della cittadina - le ridussero all’altezza della cintola - ritrovarono però nello stato di prima le case che dopo gli incendi di giugno avevano ricominciato a riattare.

La casetta di Jean era stata raggiunta dal fuoco soltanto dalla parte del fienile perché i francesi avevano incendiato distruggendola completamente l’attigua bigattiera del conte e da qui le fiamme si erano estese appunto al fienile di Jean. La grande stalla del conte tuttavia era rimasta intatta. Del resto non v’era che una mucca malata, le altre erano già salite con le pecore all’alpeggio e i francesi non poterono bottinare che due muli. Lasciarono in piedi il palazzo - e così fecero a Luserna con il palazzo del marchese di Angrogna -, pur svuotandolo di quanto di prezioso vi poterono trovare, poco nel caso del conte di La Torre che non s’era mai più fidato di lasciare nel suo nulla di valore, poiché i loro ufficiali contavano di alloggiarvi all’occorrenza.

- Vedi come vanno le cose, - disse Jean alla moglie, - a noi poveretti bruciano le case, e ai signori le tengono in piedi.

- E perché ci prendono tutti per barbetti, - disse la moglie,-non sanno distinguere.

- Eh no, - disse Jean, - hanno rubato anche in chiesa. Sanno distinguere benissimo. Hanno portato via la pisside e il calice e in canonica i rami.

Elisabetta non disse nulla. In quei giorni pregava più spesso; anche lei, in realtà, sapeva che questa guerra non era più come i moti dell’86; allora avevano rischiato a causa dei mondoviti, ma ora con i francesi era peggio, la loro vita era nelle mani di Dio. «Santa Vergine, proteggici», pregava perciò persino nel sonno. Ma Jean, accanto a lei nel lette, era in fondo contento che fossero ritornati i religionari; ora che il combatto non lo facevano più contro il duca ma per il duca, confidava che in qualche modo avrebbero difeso anche loro.

Decise però che nei periodi in



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