Conta le stelle, se puoi by Elena Loewenthal

Conta le stelle, se puoi by Elena Loewenthal

autore:Elena Loewenthal [Loewenthal, Elena]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Narrativa
ISBN: 9788858400241
Google: mDq9DxcPYEEC
editore: Einaudi
pubblicato: 2010-10-06T22:00:00+00:00


Capitolo undicesimo

La guerra del nonno

Ninín, che aveva sempre la testa sulle nuvole ma le orecchie tese, sentí lo sferragliare del motore sin dalla svolta sul lungo Po. Imboccata via Maria Vittoria, Esterina lanciò la vettura in velocità, a momenti travolse un carretto pieno di cavoli e per un pelo non finí, lei e la sua Fiat nuova fiammante (la terza, ormai), sotto il tram all’incrocio. Guidava come una furia, le ruote sottili stridevano contro la strada e parvero quasi sollevarsi da terra, a un certo punto, sulla volata.

L’auto mobile rombò con un ultimo fiato, i freni cigolarono e il silenzio che venne dopo, appena spento il motore, fu ancor piú fragoroso. Poi si spezzò con lo spostamento d’aria della portiera sbattuta e morí lentamente, quel fragoroso silenzio, di corsa su per le scale. Nonno Moise aveva fatto mettere l’ascensore, qualche tempo prima: una casetta di legno intarsiato con una piccola panca su di un lato che piaceva tanto a Ninín, il quale ci si sedeva sopra anche se c’era un piano solo da fare, restando lí impettito ad auscultare la scatola di legno che andava su o giú. Ma quel giorno Esterina aveva fretta e salí di corsa al quarto piano, tenendosi al mancorrente con il palmo, che addirittura si riscaldò per l’attrito.

Benedetta ragazza, pensò nonno Moise quando la vide. Era domenica mattina, e l’aveva colto alla sprovvista: come mai Esterina non aveva dato prima un colpo di telefono? Nonno Moise era in giacca da camera, Donato non s’era ancora visto, la prima colazione era in tavola.

Benedetta ragazza, pensò nonno Moise quando vide Esterina. Non vide subito la faccia rossa di rabbia e di agitazione. Chissà perché, quella mattina nonno Moise si trovò a squadrare sua figlia dal basso, dai piedi in su.

Cosí si fermò alle caviglie un momento, risalí qualche centimentro piú in alto e pensò: benedetta ragazza, alla sua età e con l’anno di lutto appena terminato, mettere le gonne corte, sopra la caviglia. Ha compiuto quarant’anni e si veste come na s-ciurnada, una smorfiosetta, la mia Esterina. Mah.

Mentre Gina, la nuova cameriera, si dileguava dopo aver introdotto Esterina in studio, nonno Moise alzò finalmente lo sguardo su sua figlia.

– Papà, ma siete matto?

Non l’aveva mai vista cosí. Era sempre piú somigliante a sua madre, anche se ormai il ricordo di lei, delle sue fattezze e dei suoi gesti pacati, si perdeva nelle nebbie della memoria. Piú passava il tempo e piú Esterina, che aveva quasi l’età in cui Ines se n’era andata per il gran mal di testa, le assomigliava. Soltanto nel viso e nei tratti: d’altro canto, la primogenita di nonno Moise stava diventando balzerina d’umore. Tutto il contrario della sua compassata madre. Forse, la sua era soltanto fragilità.

Siccome nonno Moise non sapeva proprio come e se rispondere, Esterina ripeté la domanda:

– Papà, ma siete matto? Me l’ha appena detto Ritalia. Stamane! – aggiunse come per rendere tutto chiaro. E invece niente, nonno Moise ancora non capiva. O faceva finta di non capire. Esterina allora s’arrabbiò ancora di piú.



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