Eroi by Valerio Massimo Manfredi

Eroi by Valerio Massimo Manfredi

autore:Valerio Massimo Manfredi
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-11-17T16:00:00+00:00


Qualche tempo dopo, una sera d’autunno, la principessa Elettra usciva dalla grande porta dei leoni a Micene e scendeva nella stretta valle delle tombe. Portava una cesta con delle offerte, miele e latte e bianca farina, quelle che si offrono alle ombre dei morti. Ma non si fermò davanti a nessuno dei grandi tumuli che si affacciavano lungo il suo cammino. Proseguì con passo frettoloso fino a un punto in cui una grande lastra di pietra copriva una cisterna scavata nella roccia del fondo e là si fermò. Versò sulla pietra il latte e poi il miele e poi sparse la farina invocando l’ombra del padre. Grandi grumi rappresi mostravano quante volte la sua mano aveva versato senza parsimonia quelle offerte ed erano prova che nemmeno gli animali, i cani randagi e le volpi, avevano osato contenderle al fantasma corrucciato del Grande Atride. Si prostrò sulla roccia nuda e pianse appoggiando la guancia alla lastra enorme, bagnandola di lacrime.

Il sole era calato dietro i monti e la sua luce era inghiottita d’improvviso da una massa scura di nubi che avanzavano dal più remoto orizzonte. Il vento s’insinuava nella valle e il suo soffio, nella stretta gola, sembrava anch’esso un lamento. La principessa si alzò sulle ginocchia continuando a tenere la mano destra appoggiata sulla pietra come per accarezzarla, e il capo basso. Si udiva il chioccolio degli uccelli che cercavano un riparo per la notte e le ultime rondini volavano basse sull’erba arida intrecciando i loro voli fra gli amaranti rinsecchiti e i pruni spinosi.

La valle era ormai completamente invasa dall’ombra ed Elettra si alzò: «Addio, papà» mormorò portando la mano alla bocca per cogliere un bacio.«Tornerò appena mi sarà possibile.»

Lo aveva visto l’ultima volta tutto sporco di sangue e con la gola tagliata venir trascinato sconciamente sul pavimento come un animale macellato. Svegliata nella notte dalle urla che venivano dalla grande sala, aveva visto tutto dal ballatoio del piano superiore, ma non aveva potuto urlare l’orrore e la disperazione che le mordevano il cuore, e l’animo era stato dilaniato dal dolore e poi invaso dall’odio più implacabile. Eppure, ogni volta che veniva su quella tomba indegna, su quella sepoltura miserevole, cercava di ricordare il padre come quando l’aveva visto partire per la guerra. Era entrato nella sua stanza mentre lei, seduta in terra in un angolo, cercava di inghiottire le lacrime. Le aveva appoggiato una mano sul capo e le aveva detto: «Ifigenia partirà domani, per andare sposa a un principe, ma tu veglia su tuo fratello che è piccolo, e rispetta tua madre. Io penserò a te ogni sera, quando il sole scenderà dietro i monti o fra le onde del mare e sognerò di tenerti fra le mie braccia e di accarezzarti i capelli»

Lei si era alzata e lo aveva abbracciato. Aveva sentito il freddo contatto del bronzo che gli rivestiva il petto e aveva provato come una stretta, la stessa che provava ora, ogni volta che appoggiava il viso su quella pietra sempre fredda, anche nelle sere dell’estate più torrida.



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