Carlos Ruiz Zafon by Anna

Carlos Ruiz Zafon by Anna

autore:Anna [Anna]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


occhi socchiusi riuscì a vedere che quattro persone lo raccoglievano da terra e lo facevano

stendere su una branda accanto a un fuoco. Sentì il calore sulla pelle e recuperò lentamente la

sensibilità dei piedi, delle mani e delle braccia. Il dolore arrivò dopo, come una marea lenta ma

inesorabile. Intorno a lui, voci soffocate di donne mormoravano parole incomprensibili. Gli

tolsero i pochi stracci che gli restavano addosso. Panni imbevuti di acqua calda

e canfora accarezzarono con delicatezza il suo corpo nudo ed esangue.

Socchiuse gli occhi sentendo la mano di un’anziana sulla fronte, gli occhi stanchi e saggi

nei suoi.

“Da dove vieni?” domandò la donna che, nel delirio, Fermin scambiò per sua madre.

“Dal mondo dei morti, mamma” mormorò. “Sono tornato dal mondo dei morti.”

Terza parte

Rinascere

1.

Barcellona, 1940

L’incidente all’ex fabbrica Vilardell non arrivò mai sui giornali. Non conveniva a nessuno

che quella storia venisse alla luce. Ciò che accadde lì lo ricorda soltanto chi c’era. La stessa

notte in cui Mauricio Valls tornò al castello per scoprire che il prigioniero numero 13 era

fuggito, l’ispettore Fumerò della Brigada Social fu avvisato dal signor direttore della soffiata di

un altro detenuto. Fumerò e i suoi uomini erano appostati lì intorno prima che sorgesse il sole.

L’ispettore mise due dei suoi a sorvegliare il perimetro e concentrò il resto all’ingresso

principale, da dove, come gli aveva segnalato Valls, si poteva tenere d’occhio la baracca. Il

corpo di Jaime Montoya, l’eroico autista del direttore del carcere, che si era offerto volontario

per andare da solo a controllare l’esattezza delle rivelazioni di uno dei prigionieri su alcuni

elementi sovversivi, era ancora lì, disteso tra le macerie. Poco prima dell’alba, Fumerò ordinò

ai suoi uomini di entrare nella vecchia fabbrica. Accerchiarono la baracca e quando gli

occupanti, due uomini e una giovane donna, si accorsero della loro presenza si verificò

soltanto un piccolo incidente perché lei, dotata di un’arma da fuoco, colpì al braccio uno dei

poliziotti. La ferita era solo un graffio. A parte quell’inconveniente, in trenta secondi Fumerò e

i suoi uomini avevano reso inoffensivi i ribelli.

L’ispettore ordinò allora di portarli tutti nella baracca e di trascinare all’interno anche il

corpo dell’autista morto. Fumerò non chiese nomi né documenti. Ordinò di legarli mani e piedi

con il fil di ferro a delle sedie arrugginite buttate in un angolo. Quando furono immobilizzati,

Fumerò fece cenno ai suoi uomini di lasciarlo solo e di appostarsi sulla porta della baracca e

della fabbrica, in attesa delle sue istruzioni. Da solo con i prigionieri, chiuse la porta e si

sedette di fronte a loro.

“Non ho dormito tutta la notte e sono stanco. Voglio andarmene a casa. Voi mi dite dove

sono i soldi e i gioielli che state nascondendo per quel Salgado e qui non succederà niente,

d’accordo?”

I prigionieri lo osservavano con un misto di perplessità e di terrore.

“Non ne sappiamo niente, né dei gioielli né di questo Salgado” disse l’uomo più anziano.

Fumerò annuì con un certo fastidio. Passava con calma in rassegna i tre prigionieri, come

se potesse leggerne i pensieri e ne fosse annoiato. Dopo qualche attimo di esitazione, scelse la

donna e accostò la sedia a pochi centimetri da lei. La ragazza tremava.

“Lasciala stare, figlio di puttana” sbottò l’altro uomo, più giovane.



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