Collusi by Nino Di Matteo Salvo Palazzolo

Collusi by Nino Di Matteo Salvo Palazzolo

autore:Nino Di Matteo, Salvo Palazzolo
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR


La catena delle talpe

Altre cordate, altri grumi di potere, trasversali e devianti, ho ritrovato nell’ambito dell’indagine sulle talpe alla Procura di Palermo. Un’inchiesta che per me è stata particolarmente coinvolgente e drammatica, anche da un punto di vista personale e umano. Ha infatti riguardato, fra gli altri, un maresciallo – Giorgio Riolo, del Ros dei carabinieri – che svolgeva un’attività rischiosa e importante per conto del mio ufficio: installava microspie, strumenti fondamentali per tante brillanti operazioni. Anche le intercettazioni a casa del medico capomafia Giuseppe Guttadauro erano state predisposte grazie alle raffinate soluzioni tecniche realizzate dal maresciallo, una cimice piazzata nel salotto del boss in modo da risultare praticamente invisibile ci aveva consentito di penetrare i segreti più nascosti dell’organizzazione mafiosa. Almeno fino a un certo punto. Perché poi lo stesso Riolo aveva finito per rivelare illegittimamente a un ex collega – il maresciallo Borzacchelli, nel frattempo transitato in politica e candidato alle elezioni regionali – l’esistenza di quella microspia piazzata con tanta fatica. L’informazione arrivò al boss Guttadauro, attraverso una catena di esponenti politici collusi al cui vertice si muoveva l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro, che anche per questo episodio è stato definitivamente condannato.

Non è stato facile né indolore assistere agli improvvisi pianti di Riolo durante gli interrogatori, dopo l’arresto. Non è stato facile trovarsi di fronte a un uomo che, schiacciato dall’evidenza delle prove, ha dovuto ammettere di avere ceduto alle lusinghe anche economiche dell’ambiente di potere nel quale si era trovato catapultato. Il maresciallo Riolo aveva svenduto la sua dignità e la sua professionalità di carabiniere di un reparto d’eccellenza, senza porsi alcuno scrupolo neppure nei confronti dei colleghi che con lui avevano condiviso tanti rischi e sacrifici. Questa storia è indicativa di come, a Palermo e in Sicilia più che altrove, si possa finire schiacciati dentro ingranaggi infernali, che costituiscono la cinghia di trasmissione di un sistema di potere in cui Cosa nostra è soltanto uno degli anelli. E il caso del maresciallo Riolo non era isolato, ce ne accorgemmo presto.

È stato infatti ancora più imbarazzante imbattersi, nell’ambito di quella stessa indagine, nella figura di un sottufficiale che lavorava al nostro fianco in Procura, il maresciallo Giuseppe Ciuro della Dia: con lui avevo anche intrattenuto rapporti personali cordiali, prima di scoprire dalle intercettazioni che osservava i miei spostamenti in ufficio, soprattutto quando mi riunivo con altri colleghi o mi incontravo con il procuratore capo. Faceva tutto questo per conto di un facoltoso imprenditore, Michele Aiello, titolare di un vero e proprio impero economico costruito nell’ambiente della sanità privata grazie alle generose e disinvolte elargizioni del suo amico Salvatore Cuffaro e ai complessi rapporti, anche economici, con Bernardo Provenzano. Aiello aveva fornito a Riolo e Ciuro alcune utenze cellulari dedicate, così da costituire una vera e propria rete riservata di comunicazione. Su quella linea passavano le informazioni relative alle nostre indagini iniziate per verificare le dichiarazioni del pentito Giuffrè, il primo a parlarmi dei rapporti di Aiello con la famiglia mafiosa di Bagheria e con Provenzano.

Intanto, sopra la mia testa accadeva anche altro.



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