Consigli a un giovane scrittore by Vincenzo Cerami
autore:Vincenzo Cerami [Cerami, Vincenzo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Manuale, Scrittura
ISBN: 9788852042249
editore: Mondadori
pubblicato: 1996-03-31T22:00:00+00:00
Ora passiamo all’altra anima della scena. A quella che dà l’impressione della spontaneità, della naturalezza, del succedersi casuale della vita. Ogni «senno del poi» che possiede lo scrittore deve essere ben nascosto. Una drammaturgia impostata con sapienza (una scaletta ben fatta) riesce ad alleggerire la singola scena di ogni responsabilità informativa. Azione e dialoghi si svolgeranno nella pura casualità, legati tra loro in una logica tutta presente, quasi accidentale. Una scena risulterà tanto più efficace quanto più apparirà divagatoria, perfino gratuita. Più tardi parlerò del dialogo e sarà quella l’occasione propizia per approfondire l’argomento.
Fatte queste premesse andiamo a vedere la scena più da vicino. Ci accorgiamo che è una somma di inquadrature, come abbiamo visto nel brano in prosa della Mansfield. Se numerassimo le inquadrature e accanto a ogni numero scrivessimo succintamente quali sono i segnali principali che quell’inquadratura invia al lettore, arrivati alla fine scopriremmo di avere un piccolo racconto, cioè una piccola drammaturgia. Andando avanti con l’esercizio si può provare a modificare l’ordine delle inquadrature: fatalmente la scena cambia di ritmo e di senso. Faccio un esempio: se apriamo una scena con il pr (Piano ravvicinato) di un confessionale dove è inginocchiato un bambino e poi passiamo al pp (Primo piano) del bambino che piange, il risultato sarà: «siamo in una chiesa // e un bambino piange confessando i suoi peccati». Se, al contrario, la scena l’apriamo con il volto in lacrime di un bambino (pp) e poi vediamo il confessionale in cui è inginocchiato (pr), l’effetto è: «un bambino piange, chi sa perché, // perché sta confessando i suoi peccati». Sono due impostazioni diverse della scena: nel secondo caso il pianto misterioso del bambino non ha altri segni se non il pianto stesso, in pochi secondi lo spettatore dà a quelle lacrime il valore di una tragedia che ovviamente va stingendosi quando subito dopo capisce o intuisce la ragione di quel dolore. Il narratore decide in rapporto al peso e al significato che vuol dare alle lacrime del piccolo interprete.
La singola scena va costruita con lo stesso procedimento dell’intero racconto. Si individua un eventuale conflitto, si organizza, il suo sviluppo e si trova un finale. Bisogna fare molta attenzione agli attacchi e agli stacchi. In cinema, quando l’ultima inquadratura di una scena è un pp quasi mai l’inizio della successiva è di nuovo un pp. Questo per non disorientare lo spettatore il quale potrebbe pensare di trovarsi ancora nell’ambiente precedente. Nella maggior parte dei casi il passaggio da una scena all’altra avviene diversificando molto l’ultima inquadratura di una scena dalla seguente. E allora conviene passare da un pp a un cl, da un totale a un pp, e così via.
Non è una lezione di regia questa: si tratta di nozioni fondamentali che proprio uno sceneggiatore - ma anche il nostro apprendista narratore - deve avere a portata di mano.
Nel momento di entrare nel merito di una singola scena, il narratore deve scalettarla in obbedienza alle due esigenze di cui ho parlato: da un lato occultamente informare e dall’altro trasmettere emozioni.
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