Diario di un parroco di campagna by Georges Bernanos

Diario di un parroco di campagna by Georges Bernanos

autore:Georges Bernanos [Bernanos, Georges]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2021-07-20T22:00:00+00:00


Questa notte sembra non dover finire mai. Fuori l’aria è così calma, così pura, che sento distintamente, ogni quarto d’ora, il grosso orologio della chiesa di Morienval, a tre chilometri… Oh, probabilmente un uomo placido sorriderebbe della mia angoscia, ma si è padroni di un presentimento?

Come ho potuto lasciarla andare via? Perché non l’ho chiamata?…

La lettera era qui sul mio tavolo. L’avevo presa dalla tasca inavvertitamente, insieme ad altre carte. Dettaglio strano, incomprensibile: non ci pensavo più. E comunque mi costa un grande sforzo di volontà, di attenzione, ritrovare dentro di me qualcosa dell’impulso irrefrenabile che mi ha fatto dire quelle parole che mi sembra di sentire ancora: “Mi dia la lettera.” Le ho dette davvero? Me lo chiedo. È possibile che, tradita dalla paura, dai rimorsi, la signorina abbia pensato di non potermi nascondere il suo segreto. Che mi abbia dato la lettera spontaneamente. La mia fantasia ha fatto il resto…

L’ho appena gettata nel fuoco senza leggerla. L’ho guardata bruciare. Dalla busta distrutta dalle fiamme è sbucato un angolo di foglio che si è subito annerito. Per un attimo è comparso uno squarcio bianco e credo di aver letto distintamente: “A Dio…”

I dolori allo stomaco sono tornati, atroci, insopportabili. Devo resistere alla voglia di stendermi per terra, di rotolarmi gemendo come una bestia. Dio solo può sapere che cosa sto soffrendo. Ma lo sa? (N.B. Quest’ultima frase scritta in margine è stata barrata.)

Con il primo pretesto che mi è venuto in mente – il saldo della funzione che la signora contessa fa celebrare ogni sei mesi per i defunti della famiglia – stamani sono andato al castello. Ero così agitato che all’ingresso del parco mi sono fermato a lungo a guardare il vecchio giardiniere Clovis, intento come al solito a raccogliere fascine di rami secchi. La sua calma mi faceva bene.

Il domestico ha tardato qualche attimo e io sono andato nel panico: mi sono ricordato all’improvviso che la signora contessa aveva saldato il conto il mese scorso. Che cosa potevo dirle adesso? Dalla porta socchiusa intravedevo la tavola apparecchiata per lo spuntino di metà mattina, forse appena concluso. Ho cercato di contare le tazze: una confusione di cifre nella mia mente. Dall’ingresso del salotto la signora contessa mi guardava – già da un po’ – con i suoi occhi miopi. Mi sembra che abbia alzato le spalle, ma senza cattiveria. Come a voler dire: “Povero ragazzo! Sempre lo stesso, nessuno lo cambierà…” o qualcosa di simile.

Siamo entrati in uno stanzino attiguo alla sala dei ricevimenti. Mi ha indicato una sedia, non la vedevo, ha finito per spingerla lei stessa verso di me. Mi sono vergognato della mia vigliaccheria. “Vengo a parlarle della signorina sua figlia,” ho detto.

È calato un breve silenzio. Certo, tra tutte le creature su cui veglia giorno e notte la dolce provvidenza divina, ero certamente una delle più sole, delle più miserabili. Ma ogni amor proprio era come morto dentro di me. La signora contessa ha smesso di sorridere. “La ascolto,” ha detto. “Parli liberamente, credo di saperne molto più di lei su quella povera bambina.



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