Draghi, falchi e colombe by Donato Masciandaro Alberto Orioli

Draghi, falchi e colombe by Donato Masciandaro Alberto Orioli

autore:Donato Masciandaro, Alberto Orioli [Donato Donato Masciandaro, Alberto Orioli]
La lingua: ita
Format: epub
editore: IlSole24Ore
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


FRANCOFORTE, LONDRA, WASHINGTON: SI RIAPRE IL DUELLO TRA BANCHIERI CENTRALI E POLITICI

28 novembre 2016

I tre più importanti banchieri centrali dei Paesi avanzati – Mario Draghi, Janet Yellen e Mark Carney – sono in trincea, essendo oggetto sempre più di frequente di attacchi da parte dei politici – Schauble, ma non solo, in Europa, Trump negli Stati Uniti, May nel Regno Unito. Nell’odierno essere in trincea dei banchieri centrali c’è qualcosa di antico, ma anche di nuovo.

È antico il fatto che al politico, almeno negli ultimi tre decenni, il banchiere centrale fa comodo quando gli serve una burocrazia indipendente per risolvere problemi che è politicamente costoso affrontare (una alta inflazione, una crisi finanziaria), ma appena può cerca di condizionarne i comportamenti a suo favore. Di nuovo, dopo la crisi, c’è il fatto che i maggiori poteri attribuiti opportunisticamente alle banche centrali dai politici possono divenire il cavallo di Troia che i politici stessi vogliono utilizzare per ridurre l’autonomia della politica monetaria a proprio vantaggio, ma con maggiori rischi per l’economia e i mercati.

Da qualche tempo le cronache monetarie e finanziarie si sono intrecciate con quelle politiche su un aspetto molto specifico: gli attacchi da parte dei politici alla condotta dei banchieri centrali. Avviene sistematicamente in Europa, ove la condotta della Banca centrale europea (Bce) è sottoposta alle critiche sia delle colombe che vorrebbero una politica monetaria più aggressiva, sia all’opposto dei falchi che ritengono che l’espansione monetaria sia durata troppo anche, accumulando rischi – latenti ma sempre più ingenti – di instabilità monetaria e finanziaria.

Avviene anche negli Stati Uniti: la Banca centrale (Fed) ha continuato in questi mesi a posticipare – ma non a escludere – la normalizzazione del profilo dei tassi di interesse, finora schiacciati sullo zero. Tale condotta ambigua ha finito per scontentare tutti: contrariati i Democratici – soprattutto i più radicali – convinti che la ripresa americana sia ancora acerba, quindi desiderosi di mantenere l’atteggiamento ultraespansivo; critici i Repubblicani – a partire dal Presidente eletto Trump – che hanno visto nel mantenimento dell’alta liquidità un favore politico all’amministrazione uscente, nonché un segnale di eccesso di autoreferenzialità nella condotta della Yellen.

Non se la passa meglio il Governatore della Banca centrale inglese: i Leavers hanno giudicato e giudicano la sua condotta partigiana, prima e dopo l’esito del referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, in quanto orientata, con i fatti e con le parole, ad accentuare i costi – attesi prima e prevedibili poi – della cosiddetta Brexit.

Dunque i banchieri centrali sono in trincea. Questa non è una novità, ma l’effetto strutturale che deve di tanto in tanto subire chi dirige una burocrazia che per i politici è al contempo utile, ma scomoda. Perché infatti, a partire dagli anni Ottanta, i politici delle economie avanzate – ma non solo – hanno deciso di delegare la gestione della politica monetaria a delle burocrazie indipendenti, appunto le Banche centrali? La ragione è sempre la stessa: convenienza politica. Il politico disegna le regole in modo da delegare le politiche economiche che possono essere politicamente costose, senza essere – sempre politicamente – particolarmente vantaggiose.



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