Elak Di Atlantide by Henry Kuttner

Elak Di Atlantide by Henry Kuttner

autore:Henry Kuttner
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantasy
ISBN: 8834701054
editore: Fanucci Editore
pubblicato: 1989-05-14T16:00:00+00:00


Capitolo 4

I mostri dell’abisso

Dietro di lui, un passo risuonò sulla scala. Si voltò e vide il gigante pallido che saliva. Una cicatrice livida gli cingeva il collo esangue. Dunque Elak non si era ingannato. Era il criminale che aveva visto giustiziare… riportato in vita dalla necromanzia di Zend. Di fronte al pericolo, Elak dimenticò gli dei e sguainò il fioretto. Aveva scoperto che le preghiere non servivano ad arrestare una pugnalata o le mani di uno strangolatore.

In silenzio, il colosso si avventò verso Elak che schivò, si chinò sotto le grosse mani protese e affondò la punta del fioretto nel petto smorto. La lama si piegò pericolosamente; Elak la estrasse appena in tempo per evitare che si spezzasse, e la sentì vibrare, con un fremito sonoro. Il suo avversario sembrava illeso. Eppure il fioretto gli aveva trafitto il cuore. Non sanguinava.

Il duello non durò a lungo e terminò a una finestra. Barcollando e ondeggiando, i due si aggirarono per la stanza, strappando fili e tubi nella furia della lotta. All’improvviso, la luce rossa del globo si affievolì e si spense. E nello stesso istante Elak sentì le braccia fredde del gigante cingergli la vita.

Prima che le braccia si stringessero, si lasciò cadere. La luna si affacciava da una stretta finestra accanto a lui. Si lanciò disperato contro le gambe del colosso, strattonandolo con tutte le sue forze. L’uomo cadde.

Crollò come un albero, senza cercare di attutire la violenza dell’urto. Le mani brancolanti cercarono la gola di Elak. Ma Elak stava spingendo freneticamente il corpo pallido, freddo e muscoloso, lo spingeva a forza attraverso la finestra. Il gigante, sbilanciato, precipitò.

Non emise neppure un grido. Dopo un momento, si sentì un tonfo pesante. Elak si alzò e recuperò il fioretto, ringraziando a gran voce Ishtar. «Perché,» si disse, «un po’ di cortesia non costa molto anche se non è stata Ishtar a salvarmi ma la mia abilità, non si può mai sapere.» C’erano altri nemici da affrontare: e se gli dei erano capricciosi, le dee lo erano indubbiamente ancora di più.

Un urlo proveniente dal basso lo indusse a precipitarsi giù per la scala, con il fioretto in pugno. Zend stava correndo verso di lui, e la faccia grigia era una maschera di paura. Al vederlo, lo gnomo esitò, poi si volto di scatto nel sentire un borbottio sommesso di voci. Elak attese ai piedi della scala.

Dal corridoio che Elak aveva percorso per entrare nella grande sala si riversò un’orda d’esseri d’incubo. All’avanguardia veniva Gesti, con gli abiti grigi sventolanti, la faccia bianca immobile come sempre. Dietro di lui, gli orrori serpeggiavano, balzavano e rotolavano. Con un brivido di ribrezzo, Elak ricordò le voci bisbiglianti che aveva udito nella caverna… e comprese chi erano gli esseri che avevano parlato.

Una razza che non era nata da lombi umani e neppure terreni…

Le facce erano orride maschere fisse, simili a teste di pesci, con becchi da pappagallo e grandi occhi sbarrati coperti da un velo vitreo. I corpi erano amorfi, semisolidi e semigelatinosi, come meduse iridescenti; tentacoli frementi spuntavano da quelle forme atroci.



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