Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro (2011) by Carlo Formenti

Felici e sfruttati. Capitalismo digitale ed eclissi del lavoro (2011) by Carlo Formenti

autore:Carlo Formenti [Formenti, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Egea
pubblicato: 2014-08-01T22:00:00+00:00


3.5 Mitologie del post-umano e neototalitarismo

L’ultimo «controcanto» di questo capitolo è dedicato a una modalità assai particolare di legittimazione delle relazioni di dominio e sfruttamento fondate sulla rete, che consiste nell’esaltazione estetica del mondo creato dalle nuove tecnologie. Della versione americana – o, per l’esattezza, californiana – di questa tendenza mi sono occupato a suo tempo in un lavoro37 che analizzava le mitologie e l’immaginario della cultura della rete. Curiosamente, quell’analisi fu scambiata per un manifesto di entusiastica adesione all’ideologia al centro dell’indagine, benché la mia intenzione non fosse minimente quella di esaltare la corrente New Age della subcultura tecnofila, bensì quella, da un lato, di rintracciarne le fonti – influenze orientaleggianti e neognostiche, un certo immaginario fantascientifico, utopie cibernetiche, suggestioni dei modelli epistemologici dell’Intelligenza Artificiale ecc. –, dall’altro lato, di denunciarne la complicità con le culture mainstream che cavalcavano il mito della rete per sostenere l’ascesa di nuove élite economiche e politiche. Il leit motiv di quella paccottiglia erano le profezie sull’avvento di una condizione «post-umana». Mescolando le speculazioni sul concetto di «singolarità» (se ne è parlato nel primo paragrafo), le presunte chance di accelerare/indirizzare il processo evolutivo che le nuove tecnologie offrirebbero alla specie umana, l’immaginario fantascientifico del cyborg (figura emblematica dell’ibridazione umano-macchinina), si profetizzava l’avvento imminente d’un salto evolutivo che aprirebbe ai nostri eredi post-umani la strada verso un futuro di inesauribile ricchezza, di saperi al limite dell’onniscienza e di longevità al limite dell’immortalità. Deliranti idiozie? Senza dubbio. Eppure quelle idiozie hanno fornito alle dot.com la materia prima per presentare i loro prodotti e servizi come porte di accesso verso un «mondo migliore».

Piuttosto che ritornare su quelle affascinanti – perlomeno dal punto di vista della sociologia delle subculture – derive mitiche, mi propongo qui di analizzarne la variante italica, decisamente più sofisticata, e quindi più insidiosa, nella misura in cui l’effetto di legittimazione è in questo caso meno visibile, indiretto e perlopiù inconsapevole e involontario. I teorici italiani del post-umano seguono diverse direttrici di ricerca: dalla filosofia estetica38, alla scienza dell’evoluzione39, alla sociologia della comunicazione. In questa sede mi occuperò solo dell’ultima, e in particolare della scuola neomcluhaniana che fa capo a uno dei più brillanti mediologi italiani, Alberto Abruzzese. Abruzzese rilegge la lezione di McLuhan in chiave opposta a quella degli autori americani analizzati nel primo paragrafo di questo capitolo: dal suo punto di vista, i processi di amputazione che i nuovi media mettono in atto nei confronti della mente umana rappresentano un’opportunità, più che una minaccia, nella misura in cui innescano una mutazione antropologica destinata a sovvertire le basi del dominio delle vecchie élite, fondato sul monopolio del medium alfabetico40. Inoltre – sulle tracce della tradizione dei cultural studies e delle teorie sulla fruizione alternativa dei media – rovescia il giudizio negativo del pensiero critico di ispirazione francofortese nei confronti del consumismo: le pratiche del consumo di massa – in particolare di quello mediale – sono l’unico terreno su cui è possibile un’autonoma azione di riappropriazione di conoscenze ed esperienze da parte degli strati sociali inferiori.



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