Feline (Italian Edition) by Sarah Bianca

Feline (Italian Edition) by Sarah Bianca

autore:Sarah Bianca [Bianca, Sarah]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fazi Editore
pubblicato: 2016-10-12T22:00:00+00:00


Capitolo X

L’addestramento

Il sangue mi colava dal taglio che avevo sulla testa, lo sentivo scivolare caldo e appiccicoso sul viso. L’uomo continuava a parlarmi e a pretendere delle risposte, mentre io avevo solo voglia di lasciarmi andare al sonno e alla disperazione.

«Come ti chiami? Rispondimi, dannazione!», aveva la voce roca da grande fumatore.

Farfugliavo, mi sentivo debole e stordita, e tutto quello che riuscivo a fare era guardare ipnotizzata la luce giallognola dei lampioni che veniva catturata e riflessa dal rubino che si trovava sul suo ciondolo a forma di virgola. Mi fece scivolare fuori dalle lamiere della macchina e mi prese in braccio, senza smettere di parlare.

L’odore di erbe amare che gli impregnava i vestiti mi dava la nausea e il dolore che provavo alla gamba non faceva che aumentare.

L’uomo mi posò sul ciglio della strada e si tolse la cintura; con mani esperte iniziò a strappare i jeans che indossavo nel punto in cui il metallo mi aveva dilaniata. Vidi qualcosa scintillare tra le sue dita sporche di sangue, poi il dolore aumentò talmente tanto da farmi urlare.

Buio.

Al mio risveglio paramedici vestiti di bianco, le luci bianche e rosse dell’ambulanza, l’odore del disinfettante e i sacchi neri.

I sacchi neri.

Mi svegliai con la cicatrice che avevo sul fianco che pulsava fastidiosamente e le zanne che premevano dolorosamente contro le labbra per uscire. Mi trascinai in bagno e accesi la luce.

Nello specchio, un paio di occhi alieni, dalle pupille verticali, mi fissarono di rimando. Sentii che stava arrivando e non riuscii a impedirlo: il primo schiocco fu quello delle ossa del collo, aprii la bocca per urlare, ma non ci riuscii. Mutai agonizzando nel suono umido del mio corpo che si disfaceva per ricomporsi. Fu rapido, in meno di un minuto ero sulle mie quattro zampe.

L’istinto iniziò a guidare i sensi che mi inondarono di centinaia di informazioni differenti, e sentii il pensiero che iniziava a soccombere, andando in tilt.

Mi imposi di riprendere il controllo, dovevo capire come imparare a gestire quel cervello così diverso dal mio che, ormai, volente o nolente mi apparteneva.

Alzai la testa e mi guardai intorno, il mio sguardo cadde nuovamente sullo specchio, mi paralizzai. L’enorme testa di una tigre dal pelo dorato mi osservava crudele e diffidente con occhi giallo-marrone screziati d’oro.

Sollevai il labbro superiore e scoprii le zanne aguzze e mortali, voltai la testa un paio di volte per potermi osservare meglio. Mi alzai sulle zampe posteriori e abbassai la testa per non sbatterla contro il soffitto; il pelo era lucido, folto e morbido. Sul lato sinistro, se si osservava attentamente, si poteva notare una sottile ragnatela che divideva il pelo in piccole ciocche: le cicatrici che mi rifiutavo di far scomparire.

Sbuffai rivolta allo specchio e con lentezza mi portai una zampa grande come il petto di un uomo adulto alla bocca e la leccai, nel classico gesto che avevo visto fare ai gatti per tutta una vita.

Mi venne da ridere, la tigre emise uno strano suono: ecco come ridevano le tigri.

Uscii dal bagno e mi trovai davanti alla porta della camera, che dava sul corridoio.



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