Grazia Deledda - La Giustizia by AN

Grazia Deledda - La Giustizia by AN

autore:AN [AN]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Letteratura Italiana
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


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Serafina? Non toccar le bottiglie sigillate! Che si bevano l'acqua dell'abbeveratoio quelli là! Prendi una caraffa di vino rosso...". E vino rosso Serafina ha servito e ancora una volta si vede il rispetto e l'obbedienza che per me si nutre... Oh!»

In quell'oh! ella mise tutta la sua amarezza; e voltando le spalle al marito gli lasciò ancora una volta tutto il peso e la responsabilità dei continui dissapori che, per causa delle domestiche, turbavano l'armonia famigliare. Stefano si sentì subito umiliato e il suo dispetto crebbe.

«Ma perché volevi si servisse vino vecchio?»

«Per la tua buona figura.»

«Per la mia buona figura? Ma quella gente là... davvero...»

«Ah, va bene! È giusto. È giusto che si continui così!...»

«Maria!», esclamò egli. «Sarebbe tempo di finirla! Manda via quella pettegola di Serafina; quante volte te l'ho detto?»

Ella si volse a mezzo, e continuò a guardar lontano.

«Ma son forse io la padrona? Io sono nulla, io non conto nulla. I padroni siete voi, è tuo padre, sei tu, e se tu volessi...»

«Io?», egli domandò, e rise, ma senza muover un muscolo del volto. «Sta a vedere che debba toccarmi anche ciò! Immischiarmi nei vostri pettegolezzi...»

Maria si volse tutta e tornò a fissarlo, dichiarando recisamente:

«Io non faccio pettegolezzi».

«Cioè, volevo dire, negli affari delle donne, delle fantesche... Ma perché ho preso moglie, se non perché le serve non fossero più padrone in casa mia?»

«Ah, per ciò hai preso moglie?»

I grandi occhi buoni di Maria lo fissavano fra il malizioso e il severo, ed egli sentì in cuore il desiderio di stender le braccia per afferrare il cerchio rosa della vita di Maria, dichiarando che per ben altra ragione s'era ammogliato; ma in altra parte dell'anima, che non era nel cuore, in un luogo ove fermentava l'acre lievito della noia, del disgusto e del dispetto d'una esistenza sfaccendata e inutile e piena solo di piccole miserie domestiche e paesane, naufragò il desiderio dolce e buono.

"Per questo appunto!", disse la dispettosa voce del maligno luogo.

«Va bene, dunque!», affermò allora Maria, e gli occhi si fecero seri e la voce diventò fredda. «Da oggi voglio esser proprio la padrona... delle serve: ricorda le tue parole, però, e non venirmi poi a rimproverare se tuo padre...»

«Mio padre! mio padre! Ma lascialo in pace, poveretto!»

Fu bussato alla porta.

«Avanti», disse Stefano volgendosi e guardando l'uscio.

Anche Maria sporse il capo, ma vista la rossa faccia di Serafina volse ancora le spalle per non adirarsi: e si consolò udendo Stefano gridar rudemente: «Cosa vuoi?».

Con lui Serafina non alzava la voce, quindi gli rispose sommessa e rispettosa: «C'è il Porri che la vuole».

Egli non aveva ragione alcuna per rendersi invisibile al suo grosso dipendente, ma per pigliarsela in qualche modo con Serafina disse: «Potevi benissimo dire che non c'ero».

«Posso dirlo ancora!», osservò la ragazza, «Oh, di', sciocca, puoi far a meno di alzar la voce! Non mi costa nulla farti saltar gli scalini in una volta!»

Maria sorrise tutta consolata.

Serafina rimase un momento con gli occhi arditamente fissi sul volto del padrone, poi domandò tranquilla:

«Scende lei, o faccio salire il Porri?».



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