I capolavor by Joseph Conrad

I capolavor by Joseph Conrad

autore:Joseph Conrad
La lingua: ita
Format: mobi, epub
editore: Garzanti
pubblicato: 2012-05-16T22:00:00+00:00


2

Mi strinse la mano. «Bene, eccola capitano, nominato ufficialmente sotto la mia responsabilità».

E s’avviò con me verso la porta. Come sembrava lontana! Mi muovevo come uno che ha i ceppi alle caviglie. Ma finalmente la raggiungemmo. La aprii con la sensazione che fosse tutto un sogno, e allora, all’ultimo momento, più forte della differenza d’età e di posizione, la solidarietà degli uomini di mare ebbe il sopravvento. Ebbe il sopravvento nella voce del capitano Ellis.

«Addio e buona fortuna», disse così di cuore che potei solo guardarlo con gratitudine. Poi mi girai e uscii, per non rivederlo mai più in vita mia. Non avevo fatto ancora tre passi nell’ufficio vicino che, dietro la mia schiena, udii una voce, rude, forte e autoritaria: la voce del nostro vice di Nettuno.

Si stava rivolgendo al commissario capo che, dopo avermi fatto entrare, doveva essere rimasto a bighellonare nei paraggi.

«Signor R., si assicuri che la lancia del porto sia in pressione per accompagnare il capitano a bordo del Melita alle nove e mezzo questa sera».

Rimasi stupito dall’accento sconcertato del «Sissignore» di R. Mi precedette di corsa fuori sul pianerottolo. La mia nuova dignità pesava ancora così lievemente su di me che non mi ero reso conto di essere io, il Capitano, l’oggetto di quell’ultima grazia. Era come se improvvisamente mi fossero spuntate le ali ai piedi. Sfioravo appena il pavimento lucido.

Ma R. era colpito.

«Perbacco!», esclamò sul pianerottolo, mentre l’equipaggio malese della lancia a vapore stava a guardare con volti di pietra l’uomo per il quale doveva restare in servizio fino a tardi, lontano dal gioco, dalle donne, o dalle semplici gioie domestiche. «Perbacco! La sua lancia personale. Ma che cosa gli ha fatto?».

Mi fissava con una curiosità piena di rispetto e io ero confuso.

«Era per me? Non ne avevo la minima idea», balbettai.

Annuì molte volte. «Sì, e l’ultima persona a cui l’ha data prima di lei era un duca. Perciò, vede!».

Penso che si aspettasse che svenissi lì, per terra. Ma avevo troppa fretta per abbandonarmi a esibizioni emotive. I miei sentimenti erano già in un tale turbinio che questa strabiliante notizia non sembrava fare la minima differenza. Cadde nel ribollente calderone del mio cervello e la portai via con me dopo un breve ma cordiale scambio di saluti con R.

Il favore dei grandi proietta un’aureola intorno al fortunato oggetto della loro scelta. Quell’uomo eccellente chiese se poteva fare qualcosa per me. Mi conosceva solo di vista e sapeva benissimo che non mi avrebbe più incontrato. Come gli altri marinai del porto, ero solo un soggetto per scritture ufficiali, per la compilazione di moduli, con tutta l’artificiosa superiorità di un uomo di penna e calamaio sugli uomini che, fuori dalle sacre mura degli edifici ufficiali, si scontrano con la realtà. Che fantasmi dovevamo essere per lui! Meri simboli da far giostrare nei libri e nei pesanti registri – senza cervello, né muscoli, né perplessità; qualcosa di scarsamente utile e decisamente inferiore.

E lui – l’orario d’ufficio era finito – voleva sapere se mi poteva essere utile in qualcosa!

Avrei dovuto, propriamente parlando, avrei dovuto essere commosso fino alle lacrime.



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