Il mulino dei dodici corvi by Outfried Preussler

autore:Outfried Preussler
La lingua: ita
Format: azw3, mobi, epub
pubblicato: 2009-02-26T19:04:16+00:00

Vino e acqua

Alla fine di giugno cominciarono a costruire la ruota idraulica. Krabat aiutò Staschko a misurare la vecchia ruota del mulino. La nuova doveva avere le stesse dimensioni in ogni sua parte, perché, una volta finita, volevano applicarla sull'albero attuale del mulino. Il loro cantiere era dietro la scuderia, tra il fienile e la legnaia. Lì passavano le giornate a sistemare tutto il necessario, le traverse e i raggi, i pezzi del cerchione, i montanti e le assi per le pale, non appena Staschko passava loro i pezzi di legno.

«Deve funzionare tutto!» ingiungeva ai lavoranti. «Quando solleveremo la ruota, non dobbiamo renderci ridicoli!»

In quella stagione le giornate erano più lunghe, spesso la sera con il bel tempo i garzoni del mugnaio sedevano all'aperto davanti al mulino e Andrusch suonava qualcosa sul suo scacciapensieri.

A Krabat sarebbe piaciuto poter tornare una volta a Schwarzkollm. Forse la Kantorka sarebbe stata seduta davanti a casa e avrebbe risposto al suo saluto con un cenno, vedendolo passare. O forse cantava di nuovo, assieme ad altre ragazze? Qualche sera, quando il vento soffiava da Schwarzkollm, gli sembrava di sentire un canto lontano, eppure non era possibile udirlo attraverso il bosco.

Se solo avesse potuto trovare un pretesto per allontanarsi: un motivo innocuo, ragionevole, tale da non insospettire Lyschko! Forse un giorno un pretesto simile si sarebbe presentato da sé, senza che lui dovesse attirare l'attenzione o mettere in pericolo la Kantorka!

In fin dei conti non sapeva molto di lei: conosceva il suo aspetto, d'accordo. La sua andatura, il suo modo di tenere la testa, il suono della sua voce: tutto questo gli sembrava di averlo conosciuto da sempre; e sapeva anche che per tutta la vita non avrebbe più potuto dimenticare la Kantorka, così come non avrebbe potuto dimenticare Tonda.

Non conosceva neppure il suo nome.

Ci pensava di continuo, e per lui era una gioia sceglierne uno: Milenka… Raduschka… Duschenka sarebbe stato un bel nome per lei.

«È un bene», pensava Krabat, «che io non sappia come si chiama realmente. Se non conosco il suo nome, non posso neanche rivelarlo: né da sveglio né nel sonno, come Tonda mi ha raccomandato quella notte di Pasqua di mille anni fa, quando eravamo soli accanto al fuoco, lui e io.»

Krabat non si era ancora recato a far visita alla tomba di Tonda. In quel periodo una volta si svegliò alle prime luci dell'alba, uscì di soppiatto dal mulino e corse nella palude di Kosel. Gocce di rugiada erano sospese su ogni filo d'erba, su ogni ramo. Passando, Krabat lasciava dietro di sé un'impronta scura.

AI levar del sole si trovò al limite più basso della Pianura Deserta, non lontano dal luogo in cui lui e Tonda avevano raggiunto il terreno solido venendo dal posto della torba.

Strada facendo, ai margini di un acquitrino, Krabat aveva raccolto alcune orchidee per deporle sulla tomba di Tonda.

Ora vedeva dinanzi a sé nel sole del mattino la serie di tumuli piatti, di forma allungata: ognuno era uguale agli altri, senza caratteristiche, senza distinzioni. Dove avevano sepolto

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