Il Presidente by 0473

Il Presidente by 0473

autore:0473 [0473]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2010-10-22T21:08:53.610000+00:00


5.

Il presidente non aveva bisogno di aprire gli occhi per sapere che fuori era ancora buio e che il lumino da notte rischiarava fiocamente un angolo della stanza, come una piccola luna. Sapeva anche che c'era qualcosa di strano, ma non capiva di preciso cosa fosse: più che un elemento nuovo, percepiva un'assenza, una mancanza. Solo una volta uscito dal torpore del sonno comprese che a turbarlo era il silenzio calato sulla casa dopo la tempesta degli ultimi giorni, come se a un tratto l'universo non avesse più vibrazioni.

Da sotto la porta dello studio filtrava un po' di luce, che il presidente intravedeva attraverso la sottile fessura delle palpebre. Per guardare l'ora sulla sveglia avrebbe dovuto girare la testa, ma preferiva non muoversi.

Tese l'orecchio. Nella stanza accanto c'era qualcuno che trafficava senza troppe cautele, non certo in modo furtivo; il presidente riconobbe il rumore dei ceppi che venivano accatastati nel camino e il familiare crepitio delle fascine. Quando gli giunse l'odore della legna bruciata si decise a chiamare:

«Émile!»

L'autista, non ancora sbarbato e senza la giacca bianca, aprì la porta. La notte insonne rendeva più fosco il suo sguardo.

«Ha chiamato, signor presidente?»

«Che ore sono?»

«Le cinque e qualche minuto. In tarda nottata la temperatura è scesa di colpo e pare che stia arrivando una gelata. È per questo che mi sono premurato di accendere il fuoco. L'ho svegliata io?»

«No».

Dopo un breve silenzio, Émile osservò:

«Allora, come ha visto, non è venuto nessuno».

Il presidente ripeté:

«Non è venuto nessuno, hai ragione».

«Desidera che le porti subito il tè?»

Dal letto seguiva gli arabeschi delle fiamme che si levavano dentro il camino dello studio.

«Sì, per favore».

Poi, mentre Émile si avviava alla porta, lo richiamò:

«Prima apri le imposte, per favore».

Se la sera gli piaceva lasciarsi cullare dalla solitudine, al mattino aveva fretta di rientrare in contatto con la vita, una fretta ansiosa, quasi spaurita.

Il giorno era ancora lontano, il sole non accennava a sorgere, eppure la notte era già più pallida, e quando Émile si sporse per scostare le persiane nella camera penetrò un vapore chiaro e leggero, che era soltanto nebbia.

«Il freddo è così pungente che sembra di essere in pieno inverno. Tra poco, con tutta quest'umidità che esce dalla terra come da una spugna, non si vedrà più nemmeno la recinzione».

Durante quel breve contatto con l'esterno avevano udito, ovattato e in lontananza, il lamento della sirena antinebbia. A un certo punto della notte il vento era calato, ma la vita quotidiana, interrotta dalla tempesta dei giorni precedenti, non era ancora ripresa, e la campagna rimaneva immersa in una sorta di limbo.

«Tra cinque minuti le porto il tè».

Gli avevano proibito il caffè e ormai gli toccava bere solo tè leggero. Fra tutte le privazioni impostegli, questa era l'unica che gli pesava, e a volte entrava in cucina mentre Gabrielle stava preparando la colazione del personale per annusare l'odore del caffè degli altri.

Chalamont non era venuto, ma era troppo presto per pensarci, dal momento che non si sapeva ancora niente. Tuttavia, il fatto di non aver ricevuto quella visita, che aveva dato quasi per certa, suscitava in lui una vaga e inconfessata delusione.



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