Immaginare Babele by Mario Liverani

autore:Mario Liverani [Liverani, M.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: eBook Laterza
ISBN: EPUB9788858108888-84586
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2013-08-11T22:00:00+00:00

5.2. I modelli neo-geografici e le gerarchie insediamentali

Negli anni 1970 si diffuse a partire dal mondo anglo-americano la «New Archeology»: si scriveva allora così, senza dittongo, a dimostrare disprezzo per l’etimologia e dunque per la storia. A questo si accomunava un analogo disprezzo per tutto quanto fosse stato scritto in lingue diverse dall’inglese e in anni anteriori al 1960, nell’età dell’ignoranza pre-scientifica891. Ancora in un volume edito nel 1999, il capitolo sulla storia dell’archeologia è chiamato Discovering the Past, quello sulla fase neo-archeologica Explaining the Past892. Parlando seriamente, il progetto era di portare l’archeologia (in quanto parte delle discipline antropologiche, non di quelle umanistiche)893 a livello di vera scienza «con la S maiuscola»894, e dunque di ricostruire non semplici sequenze ma veri e propri processi (donde la definizione di archeologia processuale) dotati di connessioni causali piuttosto normative, necessarie. E poiché l’archeologia da sola non poteva certo costruire un sistema scientifico-filosofico complessivo e autonomo, ci si rassegnò ben presto ad una teoria di medio livello (middle range theory), che conferisse scientificità a singoli segmenti teorico-operativi895, lasciando il livello superiore (i fondamenti epistemologici) ai filosofi della scienza, soprattutto a Carl Hempel896. Non sono mancate le critiche (anche interne) verso certi ingenui entusiasmi897 e certe «leggi» di sconcertante banalità898, che non devono però far dimenticare gli indubbi meriti dell’approccio neo-archeologico.

Chiaramente l’emarginazione della storia, vista come una cronaca di eventi non strutturata, era ed è predominante in ambito antropologico americano899; ma credo abbia influito anche il fatto che il grande profeta della nuova archeologia, Lewis Binford, essendo uno specialista del Paleolitico era del tutto lontano da conoscenze e letture di storiografia avanzata, che non fosse l’evenemenziale di vecchia maniera. Comunque, dopo i primi furori dei neofiti, la storia è stata anch’essa riammessa, almeno nella forma della scuola delle Annales, con la distinzione braudeliana dei tre tempi e l’ovvia preferenza per i tempi lunghi della storia ambientale e strutturale900. Peraltro, l’impatto sia teorico sia operativo (sul campo), e la stessa selezione di casi e costruzione di banche-dati, fu rilevante e anzi decisivo soprattutto per l’archeologia preistorica, e per lo scavo di strutture abitative e di villaggio, mentre assai meno visibile è stata la sua influenza nell’archeologia urbana delle grandi civiltà. Lo scavo urbano continuò ad essere praticato con i vecchi metodi: o ancora con i quadrati alla Wheeler (dove la stratigrafia finiva per disegnarsi a scavo già fatto), o più spesso e meglio su grandi estensioni aperte rese ormai controllabili dalla strumentazione informatica, con una stratigrafia (formalizzabile col matrix di Edward Harris) necessariamente registrata in corso di scavo901.

Presa in mezzo (per così dire) tra l’archeologia preistorica senza città, e l’archeologia tardo-antica e medievale con città piuttosto da restaurare che non da scavare, l’archeologia urbana del Vicino Oriente rimase abbastanza estranea alla nuova archeologia902, rimase tradizionale se non attardata, con l’unica eccezione dell’archeologia del Levante903 – nonostante la scommessa perduta di Kent Flannery904, e grazie all’opera degli archeologi israeliani905 più che di quelli «biblici» euro-americani.

C’è però un settore in cui l’influenza neo-scientifica si fece sentire, anche

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