In difesa delle cause perse (Ponte Alle Grazie) by Slavoj Žižek

In difesa delle cause perse (Ponte Alle Grazie) by Slavoj Žižek

autore:Slavoj Žižek [Žižek, Slavoj]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ponte alle Grazie
pubblicato: 2013-11-10T23:00:00+00:00


Abbastanza buono in pratica…

I «no» francese e olandese al progetto di Costituzione europea sono stati casi evidenti di ciò che nella «French theory» viene definito come significante fluttuante: un «no» dai significati confusi, incoerenti, sovradeterminati, una sorta di contenitore in cui la difesa dei diritti dei lavoratori coesiste con il razzismo, in cui la reazione cieca a una minaccia percepita e alla paura del cambiamento coesiste con vaghe speranze utopiche. Ci è stato detto che il «no» francese era in realtà un «no» a molte altre cose: al neoliberismo anglosassone, a Chirac e al suo governo, all’afflusso dei lavoratori immigrati dalla Polonia che abbassano i salari dei lavoratori francesi, e così via. La vera lotta comincia ora: è la lotta per il significato di questo «no». Chi se ne approprierà? Chi – se qualcuno lo farà – lo tradurrà in una visione politica alternativa coerente?

Se c’è una lettura predominante del «no», essa consiste in una nuova variazione del vecchio motto clintoniano: «È l’economia, stupido!» Il «no» è stata una presunta reazione alla letargia economica europea, in ritardo rispetto ad altri blocchi di potere economico emergenti di recente, alla sua inerzia economica, sociale e politico-ideologica – ma, paradossalmente, una reazione inadeguata, una reazione a vantaggio dell’inerzia degli europei privilegiati, di coloro che vogliono tenersi stretti i vecchi privilegi dello Stato assistenzialista. Una reazione della «vecchia Europa», innescata dalla paura di qualsiasi cambiamento reale, dal rifiuto delle incertezze del Magnifico Nuovo Mondo della modernizzazione globale.2Non è strano che la reazione dell’Europa «ufficiale» sia stata di allarmismo rispetto alle passioni pericolose, «irrazionali», razziste e isolazioniste che stavano dietro al «no», rispetto al rifiuto campanilistico dell’apertura e del multiculturalismo liberale. Si è abituati a sentire lamentele rispetto alla crescenta apatia dei votanti, al declino della partecipazione popolare alla politica, liberali preoccupati parlano tutto il tempo della necessità di mobilitare le persone attraverso iniziative della società civile, di coinvolgerle maggiormente in un processo politico. Tuttavia, quando il popolo si sveglia dal suo sonno apolitico, di regola avviene in forma di rivolta populista di destra: non è strano che molti tecnocrati liberali illuminati ora si chiedano se la precedente forma di «apatia» non fosse una benedizione dissimulata.

Si deve fare attenzione al fatto che anche questi elementi che si mostrano come puro razzismo di destra, rappresentano uno spostamento delle proteste della classe operaia: ovviamente c’è una forma di razzismo nel domandare la fine dell’immigrazione di lavoratori stranieri che pongono una minaccia all’occupazione. Tuttavia, si deve prendere in considerazione il semplice fatto che l’afflusso dei lavoratori immigrati dai paesi postcomunisti non è la conseguenza della tolleranza multiculturale, ma è parte della strategia del capitale per mettere in scacco le rivendicazioni dei lavoratori. Per questo negli Stati Uniti Bush ha fatto per la legalizzazione della posizione degli immigrati clandestini messicani più di quanto abbiano fatto i democratici, ostacolati dalle pressioni dei sindacati. Così, per ironia della sorte, il populismo razzista di destra oggi è la migliore prova che «la lotta di classe», lungi dall’essere «obsoleta», continua. La lezione che



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