La biblioteca degli incubi 01. La luce della notte by D.J. MacHale

La biblioteca degli incubi 01. La luce della notte by D.J. MacHale

autore:D.J. MacHale [MacHale, D.J.]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 978-88-541-2968-9
editore: Agartha


Capitolo 15

«Sapeva di Cooper», dissi, cercando di far comprendere allo sceriffo quanto fosse importante. «Ha detto che era sulla strada».

«Quale strada?», chiese lui.

«Non so, non ha avuto tempo di spiegarmelo».

Eravamo seduti nel piccolo ufficio dello sceriffo di Thistledown. La stazione di polizia contava due dipendenti: una donna anziana che lavorava come centralinista… e lo sceriffo Vrtiak. Suppongo non ci fossero molti reati in quella cittadina.

«Quindi ti ha fermato per dirti che Cooper Foley è da qualche parte su una strada?», ripeté Vrtiak.

«No», risposi, e subito mi zittii. Non ero del tutto certo del perché quel tipo mi avesse immobilizzato, a parte bofonchiare qualche affermazione delirante tipo che aveva visto qualcosa e sapeva la verità. Il punto era che io sapevo, più o meno, dove voleva andare a parare, però come potevo spiegarlo allo sceriffo? Dovevo scegliere con cautela ogni parola, o avrei dato l’impressione di essere matto.

«Mi ha fermato perché voleva mettermi in guardia da qualcosa. Ma io l’avevo visto ieri e indossava il giacchetto di Cooper, quindi gli ho chiesto come mai e lui mi ha risposto che Cooper era sulla strada».

«Sei sicuro che fosse proprio il giacchetto di Foley?»

«Be’, no. Ma se non lo era, certo si tratta di una bella coincidenza».

«Coincidenza», ripeté lo sceriffo, come se stesse riflettendo ad alta voce. «Su cosa voleva metterti in guardia?».

Stavamo scivolando pian piano nella zona di instabilità mentale.

«Per lo più diceva cose senza senso. Che lui sapeva. Che aveva visto. E mi ha avvertito di non seguire qualcuno».

«Cooper Foley?»

«Non lo so. Forse. Poi qualcosa lo ha terrorizzato ed è fuggito e… be’, lo sa cos’è successo dopo».

Lo sceriffo Vrtiak alzò le sopracciglia, nervoso. Non credo fosse abituato a gestire situazioni tanto drammatiche. O meglio, tragiche.

«George O. era una specie di istituzione locale», spiegò. «Viveva da queste parti da più tempo di chiunque altro. Magari era un tantino… eccentrico, ma non era pazzo. Almeno non secondo i miei standard».

«Be’, di sicuro stava comportandosi in modo folle prima di…». Non riuscii a finire la frase. Cos’aveva fatto George? Si era suicidato? Aveva avuto un terribile incidente? Era stato spaventato a morte? Un po’ di tutto?

«Hai detto che era impaurito», riprese Vrtiak. «Di cosa credi avesse paura?».

Quella era un’ottima domanda e io sapevo la risposta. Più o meno. Fino a quel momento avevo parlato dello Scavatombe solo con Sydney. Non ero sicuro che mi credesse, ma ero stanco di dover affrontare quella storia da solo.

«C’era un uomo», dissi esitante. «Era in piedi sul balcone del secondo piano alla gelateria. Penso che sia stato lui a spaventare George».

«Chi era?», chiese Vrtiak.

C’era un blocco di fogli gialli sulla scrivania di Vrtiak. Lo afferrai assieme a una matita e abbozzai uno schizzo dello Scavatombe, con tanto di orbite vuote e cappello a tesa larga. Vrtiak attese pazientemente, poi prese in mano il blocco che gli porgevo. La sua reazione non mi stupì. Guardò il disegno, poi me, poi di nuovo il disegno. Sollevò le sopracciglia tanto in alto che temetti sarebbe rimasto così per sempre.

«E questo che diavolo sarebbe?», chiese.



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