La cooperazione by Stefano Zamagni & Vera Zamagni
autore:Stefano Zamagni & Vera Zamagni [Zamagni, Stefano & Zamagni, Vera]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Economia, Farsi un'idea
editore: il Mulino
pubblicato: 2010-02-14T23:00:00+00:00
La fioritura della cooperazione tra età giolittiana e Prima guerra mondiale
Con il decollo industriale del nord-ovest dellâItalia (Piemonte-Liguria-Lombardia) tra 1896 e Prima guerra mondiale, che ebbe qualche effetto diffusivo sul resto dellâItalia settentrionale, anche il movimento cooperativo prosperò, non da ultimo per unâimportante legislazione che venne emanata da Giolitti. Le leggi che interessarono il movimento cooperativo furono approvate tra 1904 e 1911 ed erano volte dapprima ad accertare la natura genuinamente cooperativa delle società ammesse agli appalti pubblici e poi a permettere la riunione in consorzio di cooperative per poter assumere appalti pubblici di maggiori dimensioni. Con lâoccasione dellâemanazione del regolamento definitivo del 1911, veniva ridefinito il profilo societario delle cooperative di produzione, fissando il numero minimo di soci a 9 unità , sancendo il principio della «porta aperta» e aumentando la discrezionalità nella distribuzione degli utili societari. Inoltre, si confermava il potere di controllo da parte delle prefetture delle cooperative accolte nellâapposito registro istituito nel 1890. Ben presto vennero formati numerosi consorzi, soprattutto in Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Roma, aumentando la consistenza degli appalti concessi a cooperative. Poiché lâEmilia Romagna fu molto attiva nella costituzione di cooperative di braccianti e muratori e di consorzi, alla vigilia della Prima guerra mondiale arrivò a superare per numero di cooperative, sia pur di poco, la Lombardia, che aveva detenuto il primato fino agli inizi del XX secolo, quando a contare erano soprattutto le cooperative di consumo (ancora nel 1913 le cooperative di consumo erano 636 in Lombardia e 325 in Emilia-Romagna).
Anche nella cooperazione di consumo si tentò un salto di qualità , data la forte consistenza del movimento che forniva, allâalba della Prima guerra mondiale, 1/3 delle cooperative italiane, escluse quelle di credito, e contava alcuni grossi complessi come lâAlleanza cooperativa di Torino (Act), LâUnione cooperativa di Milano, le Cooperative operaie di Trieste, lâUnione militare di Roma. Da molti anni si era agitato il problema di strutture consortili delle cooperative di consumo per accentrare gli approvvigionamenti, sul modello delle wholesales inglesi. Ma lâeccessiva frammentazione e diffusione sul territorio delle cooperative italiane rendevano difficile lâidentificazione di luoghi propizi per la localizzazione dei magazzini. Fu così che si costituirono consorzi locali con piccoli magazzini che esperirono vari tentativi falliti di coordinamento a livello nazionale, fino a quando nel 1911, sulla base di uno di tali consorzi locali più solido degli altri, venne creato il «Consorzio italiano delle cooperative di consumo». Tuttavia il successo non arrise a questa nuova iniziativa, se alla fine del 1912 solo 150 delle 2.500 cooperative di consumo esistenti avevano dato la loro adesione. Per la soluzione del problema principale della cooperazione di consumo si sarebbero dovuti attendere molti altri decenni.
Una grandissima fioritura avevano avuto le banche popolari, che erano giunte nel 1910 a 850 unità , con mezzo milione di soci e una quota di mercato pari a quasi 1/4 dellâattivo totale delle banche (escluse le banche di emissione e la Cassa depositi e prestiti) e anche le casse rurali, prevalentemente cattoliche, che allâalba della Prima guerra mondiale avevano oltrepassato il tetto di 2.
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