La forza del contesto (Italian Edition) by Andrea Carandini

La forza del contesto (Italian Edition) by Andrea Carandini

autore:Andrea Carandini [Carandini, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, General, Ancient, Social Science, i Robinson / Letture, Archaeology
ISBN: 9788858129395
Google: 8mKjDgAAQBAJ
Amazon: B06Y5VKX27
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2017-04-20T00:00:00+00:00


Costituzione, ministero, riforma

Nella Costituzione non leggiamo: «Lo Stato tutela il patrimonio archeologico, artistico e architettonico della nazione», come si potrebbe immaginare dalla legislazione a quel tempo vigente. Leggiamo invece: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione» (articolo 9, commi 1 e 2). Dove «la Repubblica» comprende lo Stato che si avvale della sussidiarietà «verticale» delle Regioni e dei Comuni e della sussidiarietà «orizzontale» dei cittadini e delle associazioni/fondazioni rivolte alla pubblica utilità (articolo 183). Inoltre, se nella Carta il paesaggio viene considerato unitariamente (l’ambiente, non esplicitato, è implicito), il patrimonio viene articolato in due versanti: quello storico, dove il valore sta nel significato di civiltà e di conoscenza insito in scritti, cose e costruzioni, e quello artistico, dove il valore sta nella qualità figurativa dell’opera.

Delle tre specializzazioni istituzionali vigenti al tempo della promulgazione – archeologia, arte e architettura – non vi è traccia, perché l’ottica che nella Costituzione ha prevalso è quella contestuale: da una parte l’autonomia interrelata di promozione e tutela; dall’altra il paesaggio che sta a indicare il tutto (ambiente compreso) e il patrimonio considerato nelle sue due articolazioni, storica e artistica (non storico-artistica), le quali prefigurano il «tutte le testimonianze aventi valore di civiltà» della Commissione Franceschini.

Sono dunque questi i valori a cui avrebbe dovuto ispirarsi il ministero, che invece ha prediletto, sia nel modo di pensare che in quello di operare, la subordinazione della promozione della cultura alla tutela, una visione puntuale, selettiva e proibitiva della conservazione, la preminenza di collezioni e raccolte di capolavori rispetto ai monumenti e ai contesti e infine il prevalere del restauro sulla manutenzione e del catalogo sul catasto.

Nel suo Abecedario Roberto Cecchi – già soprintendente, direttore generale, segretario generale e sottosegretario – ha sostenuto:

Lo Stato deve conservare il ruolo d’indirizzo e di controllo, coinvolgendo la parte privata nella progettualità e nella valorizzazione... L’Amministrazione non ha mai fatto della gestione un progetto; l’ha trattata come una attività di risulta... Sulla valorizzazione il Codice (per i Beni culturali) tace... Senza valorizzazione non è dato l’esercizio della tutela, come dimostra il caso di Carditello... [tra gli esempi virtuosi viene citato il Museo Egizio di Torino].

Nessun intellettuale della tendenza radical-conservatrice si è mai accorto del penoso stato in cui versa la valorizzazione nel nostro paese, perché la concezione sacrale dello Stato come dimensione unica del pubblico ha impedito ogni presa di coscienza di questa immane lacuna, da rimuovere, da celare. È significativo che solo un grande e insolito funzionario abbia osato dire finalmente la verità.

Per promuovere la valorizzazione e la gestione nel ministero, Dario Franceschini ha puntato non sulle fondazioni, come Cecchi ha suggerito, ma sulla distinzione di rilevanza costituzionale tra la funzione della tutela e quella della valorizzazione, dedicando a quest’ultima specifici uffici. A tal fine ha istituito, per musei e per luoghi (insiemi di rovine o di monumenti), da una parte i poli regionali e dall’altra una ventina di uffici autonomi dotati di direttori scelti tramite concorso internazionale.



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