La neolingua dell'economia by Jean-Paul Fitoussi

La neolingua dell'economia by Jean-Paul Fitoussi

autore:Jean-Paul Fitoussi
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Commentary & Opinion
ISBN: 9788858432112
editore: Einaudi
pubblicato: 2019-09-30T22:00:00+00:00


Capitolo sesto

Il rumore della felicità che se ne va

PIERANTOZZI Bisogna cambiare le regole?

FITOUSSI Le regole ci sono, le democrazie sanno che devono proteggersi da queste pratiche. In questi casi particolari le regole non sono state applicate. Nel caso di Barroso è possibile che in Europa niente possa impedirglielo: i capi di Stato hanno protestato ma non sono riusciti a impedirlo. I poteri forti possono essere considerati, in genere, responsabili per esempio della diminuzione delle tasse, ma non certo della crisi che viviamo. Se lo Stato pensa che per favorire l’economia di mercato debba essere piú snello, e quindi diventare di fatto piú debole davanti a poteri sempre piú forti, che pensate succederà?

PIERANTOZZI Diminuire le tasse è sempre sbagliato?

FITOUSSI Se rispondessi di sí, questo libro sarebbe del tutto inutile. Ci sarebbe una sola politica possibile, bisognerebbe scoprirla e applicarla. Questa credenza è falsa e alimenta l’illusione tecnocratica di un sapere disincarnato, indipendente dall’antropologia e dalle politiche in atto. È proprio della neolingua instillare questa illusione nello spirito della gente. E questa nostra conversazione dimostra che funziona molto bene! In compenso è vero che le tasse devono servire su un periodo medio-lungo a finanziare la spesa pubblica. E questa è frutto di scelte politiche. Spetta alla democrazia e alle sue istanze scegliere quali e quante spese finanziare col denaro pubblico. Le pensioni, l’istruzione, la ricerca, la sanità, possono anche essere finanziate dal settore privato. In questo caso, come abbiamo visto, la somma delle spese da finanziare pubblicamente si riduce.

Che significa dunque ridurre le tasse? Significa, a lungo termine, privatizzare altre spese pubbliche, per esempio i trasporti o la sicurezza. Il ritornello secondo il quale bisognerebbe sempre diminuire le tasse sottintende che il peso dello Stato deve essere minimo e quello del mercato sempre in espansione. Per essere piú precisi: la diminuzione delle tasse non cambia granché in termini di spesa aggregata, ciò che era finanziato dallo Stato lo sarà dal settore privato. In compenso la diminuzione delle tasse può escludere da alcuni servizi le categorie meno favorite della popolazione. Alcuni non potranno accedere alla salute, altri all’istruzione, e cosí via. Ricordiamo il dibattito sul «Medicare» negli Stati Uniti o quello sull’indebitamento degli studenti.

Le tasse sono il mezzo privilegiato per redistribuire la ricchezza, la loro diminuzione riduce l’impatto della redistribuzione. Ridurre le tasse è giusto? È efficace? Dipende dalle teorie che ci sembrano piú verosimili. La teoria dell’economia di mercato ci dice che bisogna aumentare il piú possibile le spinte a produrre e a lavorare, e le tasse frenerebbero queste spinte. Possiamo misurare quanto questo ragionamento sia semplicistico non appena prendiamo in considerazione i beni pubblici, cosa che i bravi teorici dell’economia di mercato fanno sempre. Per esempio, bisogna incitare alla produzione o alla riduzione delle emissioni di CO2 nell’atmosfera? Se si prende sul serio la questione del riscaldamento climatico, allora l’aumento delle tasse, in questo caso la Carbon tax, è molto efficace e giusto (a condizione che si tenga conto di quelli per cui si trasformerebbe in un carico insostenibile, come hanno dimostrato i gilet gialli in Francia).



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