LA STEPPA. STORIA DI UN VIAGGIO by Cechov Anton

LA STEPPA. STORIA DI UN VIAGGIO by Cechov Anton

autore:Cechov Anton [Cechov Anton]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


VI.

Il convoglio rimase per tutto il giorno vicino al fiume e si mise in marcia al calar del sole.

Egòruška si mise di nuovo a giacere sul sacco. Il carro carico cigolava sordamente e traballava. Pantelèj camminava da un lato pestando i piedi, battendosi i fianchi, borbottando; come il giorno innanzi, nell'aria sussurrava la musica della steppa.

Egòruška giaceva supino con le braccia sotto la testa, guardando il cielo. Vide il tramonto accendersi e poi spegnersi; gli angeli custodi, ricoprendo l'orizzonte con le loro ali dorate, si preparavano al riposo: la giornata era trascorsa felicemente, una calma e benefica notte scendeva, ed essi potevano rimanere tranquilli nella propria dimora, in cielo… Egòruška vide la luce oscurarsi, a poco a poco, calare sulla terra la caligine notturna, accendersi una dopo l'altra le stelle.

Quando a lungo si guarda il cielo profondo, senza staccare gli occhi, non si sa perché i pensieri e l'anima si fondono nella coscienza della nostra solitudine. Ci si sente irrimediabilmente soli, e quanto si era prima considerato vicino, come fosse cosa propria, diviene infinitamente lontano e senza più valore. Le stelle che guardano dal cielo già da migliaia di anni, lo stesso incomprensibile cielo e la caligine, indifferenti alla breve vita dell'uomo, quando si stia a faccia a faccia con essi e si cerchi di indagarne il senso, opprimono inesplicabilmente l'anima col loro silenzio; e viene in mente la solitudine che attende ciascuno di noi nella tomba, e l'essenza stessa della vita si presenta terribile, disperata…

Egòruška pensò alla nonna che dormiva, ora, nel camposanto, sotto i ciliegi: ricordò come giaceva nella cassa, coi soldini di rame sopra gli occhi; ricordò come la coprivano col coperchio e la calavano giù, nella fossa; ricordò anche il rumore sordo delle zolle di terra, sul coperchio… Si rappresentava la nonna nella stretta buia tomba, lasciata sola da tutti, senza difesa. S'immaginava ch'ella si svegliasse, e senza comprendere dov'era, bussasse contro il coperchio, chiamasse aiuto, ed esausta infine dal terrore, morisse di nuovo. Si rappresentava morti la mamma, padre Chrìstofor, la contessa Dranìtskaja, Salomòn. Ma per quanto cercasse di immaginare se stesso nella buia tomba, lontano dalla casa, solo e morto senza difesa, non gli riusciva. Per conto suo, non ammetteva la possibilità di morire e sentiva che non sarebbe mai morto…

Pantelèj, che aveva già da un pezzo l'età di morire, camminava all'altezza del cavallo rimuginando: propri pensieri.

- Non c'è male… Buoni signori… - borbottava. - Portano il ragazzo a studiare, ma che cosa lui farà poi, non lo sanno… A Slavjanosèrbsk non c'è un'istituzione tale da condurre a questo, è vero… Il ragazzo è buono, non c'è che dire… Quando sarà grande, aiuterà suo padre. Tu Egòrij sei ancor piccino, ma diventerai grande e darai da mangiare a tua madre, a tuo padre. Così è comandato da Dio… Onora tuo padre e tua madre… Io pure ho avuto dei figlioli, ma sono bruciati… Mia moglie e i miei figlioli sono bruciati… Era proprio la notte d'Epifania che s'incendiò la casa. Io non c'ero, io



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