Le Tenebre e il Sole by Alessandro de Francesco

Le Tenebre e il Sole by Alessandro de Francesco

autore:Alessandro de Francesco [Francesco, Alessandro de]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Historical
ISBN: 9788861554139
Google: C_XSDQAAQBAJ
editore: Grephofeel
pubblicato: 2017-01-03T15:20:49+00:00


VII.

Formia

XIV giorno prima delle calende di novembre, 817 a.U.c.

(19 ottobre 64 d.C.).

La raeda scortata dai pretoriani percorreva la via Appia poco oltre Formiae. Andronico era assorto nei propri pensieri e neanche lo splendido paesaggio litorale che gli scorreva accanto riusciva a dargli serenità. Era inquieto per la convocazione da parte di Gaio Ofonio Tigellino nella sua villa di Sinuessa. Lovernio l’aveva messo in guardia sulla perfidia di quell’uomo e lui, in principio, si era ripromesso di dire il minimo indispensabile sull’indagine. Aveva pensato che troppe informazioni avrebbero potuto mettere lui e il tribuno in una posizione scomoda. Ora, però, pensava che, di fronte alle domande di Tigellino, non avrebbe potuto trincerarsi dietro a reticenze. Andare dal prefetto del Pretorio e dire che, dopo quasi due nundinae dall’inizio dell’indagine, non si era giunti a niente non era credibile e avrebbe suscitato inevitabili sospetti.

Andronico s’impose di smettere di pensare a tutte queste cose. Avrebbe agito con buon senso in base alle domande che Tigellino gli avrebbe fatto. In fondo non aveva fatto nulla di contrario al proprio senso etico. Cercò di distrarsi e cominciò a osservare il paesaggio. Era una giornata assolata e non sembrava neanche di essere in autunno. Mancavano alcune miglia alla città di Sinuessa, ma si potevano già vedere le ville che rendevano famoso quel tratto di costa. Era lì che si erano fatti costruire le proprie dimore i più ricchi cittadini di Roma. Nel vedere le sontuose villae maritimae di senatori, imprenditori e commercianti, cominciò a riflettere sull’incredibile accumulo di ricchezza della classe patrizia. Provò un senso di disagio. Lui si considerava un benestante, ma nel vedere quell’opulenza si sentì un plebeo. Non era invidia la sua. Se avesse avuto tutto quel denaro lo avrebbe usato diversamente.

La raeda si fermò a una stazione di posta nei pressi di Minturnae. Lui scese per sgranchirsi le gambe e, avvicinatosi a uno dei pretoriani di scorta, chiese quanta strada c’era ancora da fare.

- Siamo quasi arrivati, prefetto. Ci vorranno ancora una decina di miglia. Ci siamo fermati solo perché uno dei cavalli zoppicava. Penso che lo sostituiranno. Nel caso, sarà questione di attimi, non temere.

Gli tornò un po’ d’inquietudine, ma cercò di dominarla. Entrò nella stazione di posta con gli uomini della scorta e ordinò del vino. Rimasero seduti a bere giusto il tempo necessario agli scudieri per sostituire il cavallo che sembrava essersi azzoppato. Andronico fu cordiale, ma non diede troppa confidenza ai pretoriani. Ormai si era insinuata nella sua mente l’idea che chiunque potesse essere una spia. Quando tornò sulla raeda per fare l’ultimo tratto di strada, chiuse gli occhi cercando di rilassarsi. Prevalse la stanchezza e si addormentò.

Andronico si sentì sempre più affaticato nel camminare per quel lungo viale alberato. La fila dei cipressi sembrava non avere una fine. Nonostante facesse grandi sforzi per passare oltre, aveva l’impressione di restare immobile.

Anche Valeria pareva esasperata.

Andronico cercò di sdrammatizzare: - Vedrai che sarà una bella giornata, non fare così. L’Ade può essere un bel posto, se non si hanno pretese.

Lei, che sembrava allontanarsi sempre più, gli urlò: - Tu sbagli a fare quello che stai facendo.



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