Leggende di Earthsea by Ursula K. Le Guin

Leggende di Earthsea by Ursula K. Le Guin

autore:Ursula K. Le Guin [Le Guin, Ursula K.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fantasy
editore: Mondadori
pubblicato: 2004-07-21T16:00:00+00:00


Nell'alta palude

L'isola di Semel si trova a nord-ovest di Havnor, oltre il mare Pelnico, a sud-ovest delle Enlades. Pur essendo una delle grandi isole dell'Arcipelago di Earthsea, non esistono molte storie che provengano da Semel. Enlad ha la propria storia gloriosa, e Havnor la ricchezza, e Paln la dubbia fama, ma Semel ha solo bestiame bovino e pecore, foreste e piccoli borghi, e il grande vulcano silente chiamato Andanden che sovrasta tutto.

A sud dell'Andanden c'è una terra dove si è posato uno strato di cenere alto cento piedi, l'ultima volta che il vulcano ha parlato. Fiumi e torrenti, scorrendo verso il mare, solcano quella pianura elevata, serpeggiando e ristagnando, allargandosi e snodandosi in un susseguirsi di anse, trasformando la piana in una palude, un grande acquitrino desolato con un orizzonte lontano, pochi alberi, non molte persone. Sul terreno ricco di cenere cresce un'erba rigogliosa, e la gente del posto alleva bestiame, buoi da ingrasso per la popolosa costa meridionale, lasciando che gli animali vaghino per miglia e miglia attraverso la pianura, con i fiumi a fungere da staccionate.

Come tutte le montagne, l'Andanden influenza il tempo. Raccoglie attorno a sé le nubi. L'estate è breve, l'inverno lungo, nell'alta palude.

All'imbrunire di un giorno d'inverno, un viaggiatore sostò all'incrocio ventoso di due sentieri, nessuno dei quali molto promettente, semplici piste per bestiame tra le canne, e cercò un segno che gli indicasse quale direzione dovesse prendere.

Scendendo l'ultimo pendio del monte, aveva visto delle case sparse qua e là nella piana acquitrinosa, un villaggio non lontano. Pensava di trovarsi sulla strada giusta per il villaggio, ma a un certo punto doveva avere svoltato nella direzione sbagliata. Delle canne alte crescevano lungo i sentieri, e quindi, se nei paraggi ci fosse stata qualche luce, lui non avrebbe potuto vederla. Dell'acqua gorgogliava sommessa vicino ai suoi piedi. Aveva consumato le scarpe camminando attorno all'Andanden sulle strade impervie di lava nera. Le suole erano bucate, adesso, e i piedi gli dolevano nell'umidità gelida dei sentieri che attraversano l'acquitrino.

L'oscurità calò rapida. Da sud stava levandosi della foschia, che nascondeva il cielo. Solo sopra l'immensa mole indistinta del monte, le stelle splendevano nitide. Il vento sibilava tra le canne, un fischio sommesso, lugubre.

Il viandante fermo all'incrocio fischiò alle canne.

Qualcosa si mosse su uno dei sentieri, qualcosa di grosso, scuro, nelle tenebre.

— Sei lì, mia cara? — disse il viandante. Parlava nella Vecchia lingua, la Lingua della creazione. — Vieni, allora, Ulla — disse, e la giovenca fece un paio di passi verso di lui, verso il proprio nome, mentre lui le andava incontro. Individuò la grossa testa con il tatto più che con la vista, accarezzando la morbida fossetta tra gli occhi, grattandole la fronte alla base delle corna. — Bellissima, sei bellissima — le disse, sentendo il suo alito erbaceo, appoggiandosi al massiccio corpo caldo. — Vuoi guidarmi, Ulla? Vuoi condurmi dove devo andare?

Era fortunato ad avere incontrato la giovenca di una fattoria, e non una bestia brada, che lo avrebbe solo portato ancor più all'interno della piana paludosa.



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