Loro due in quella foto by Hélèn Gestern

Loro due in quella foto by Hélèn Gestern

autore:Hélèn Gestern [Gestern, Hélèn]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788820052423
editore: Frassinelli
pubblicato: 2012-07-11T22:00:00+00:00


PARTE SECONDA

La luce

Fratelli umani che ancor vivi siete, non abbiate per noi gelido il cuore.

FRANçOIS VILLON

9

Il cielo è sgombro, ma la luce rarefatta rivela che la stagione declina verso l’autunno. Sembra di sentire la frescura sospesa sull’erba bagnata, sulla panca, sulla croce di pietra consunta dalle intemperie, sull’antica cappella, con la scalinata ormai invasa da erbacce e da rovi, tra i quali spunta un archetto arrugginito. Un glicine frondoso, sul punto di sfiorire, ha colonizzato tutto un muro, e con i rami contorti e imperiosi contende lo spazio a un’edera. Entrambi si sono alleati per soffocare la base della croce che svetta in cima all’edificio. All’estremità sinistra della panca di pietra, davanti alla cappella sconsacrata, è seduta una donna con le gambe accavallate.

Ha un viso dalle guance morbide; il corpo ha perso la sua secchezza angolosa. Un cappellino di feltro nero, un po’ largo, le copre in parte i capelli, ora di media lunghezza, sempre piuttosto folti, pettinati all’indietro e legati in una coda di cavallo. Indossa una camicetta bianca – nel cui colletto sono infilati degli occhiali rotondi, con la montatura di metallo – e un gilè sformato di lana grossa. Sulle spalle tiene una giacca troppo grande, forse da uomo, con le maniche che le ricadono sul petto. Se ne sta un po’ ingobbita, come ripiegata su se stessa, le gambe avvolte da una gonna ampia, di lana, da cui penzola un filo, risultato di un minuscolo strappo. Le tracce di fango sui mocassini senza tacco, dall’aria dozzinale, rivelano la camminata appena fatta.

La donna non guarda il fotografo. Benché rivolti all’obiettivo, i suoi occhi sono altrove, sprofondati in pensieri impossibili da decifrare. Tra le dita della mano che porta la fede – il cui palmo appoggia contro il bordo della pietra – una sigaretta spenta. L’altra mano sfiora, sovrappensiero, la catenina che ha al collo: la punta dell’indice la tocca e copre in parte l’anello appeso.

Sarà l’inquadratura, troppo frontale, la luce austera che taglia gli spazi e indurisce le linee, oppure l’erba sottile e il vento incessante, ma l’immagine – che probabilmente doveva ricordare un momento condiviso – dice tutto il contrario: è pura solitudine. Una malinconia cupa ha pietrificato e risucchiato il viso di Nathalie Hivert, lasciando in superficie come una maschera di gesso. E il suo sguardo assente, trincerato nella sua invisibile apatia, è il sintomo lancinante di una tristezza che niente potrebbe camuffare о lenire. Stavolta, tutti gli sforzi dei sali d’argento, della gelatina, dei rivelatori e della carta sono inutili. Nonostante l’impressione lasciata sul negativo, forse controvoglia, questa donna già non è più di questo mondo.



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