Memorie dal sottosuolo by Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Memorie dal sottosuolo by Fëdor Michajlovič Dostoevskij

autore:Fëdor Michajlovič Dostoevskij [Dostoevskij, Fëdor Michajlovič]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, Classics
ISBN: 9788862776448
Google: ZE9TAgAAQBAJ
editore: GOODmood
pubblicato: 2013-12-12T13:08:06+00:00


IV

Fin dalla vigilia sapevo che sarei arrivato per primo. Ma ormai non si trattava di precedenze.

Non solo non c’era nessuno di loro, ma faticai perfino a trovare la nostra saletta. La tavola non era ancora apparecchiata del tutto. Che significava dunque? Dopo molte domande riuscii finalmente a sapere dai camerieri che il pranzo era ordinato per le sei, e non per le cinque. Me lo confermarono al buffet. Mi vergognai perfino di chiedere. Erano solo le cinque e venticinque. Se avevano cambiato l’ora, in ogni caso avrebbero dovuto avvisarmi, c’era apposta il servizio postale; e non espormi “all’onta”

sia davanti a me stesso che… be’, anche davanti ai camerieri. Mi sedetti; un cameriere cominciò ad apparecchiare; in sua presenza mi sentii ancor più stizzito. Per le sei, oltre alle lampade accese, nella sala furono portate delle candele. Il cameriere però non aveva pensato di portarle subito, quando ero arrivato io. Nella stanza accanto pranzavano in silenzio, a tavoli diversi, due clienti cupi, dall’aria arrabbiata. In una delle sale lontane c’era molto chiasso; gridavano addirittura; si udivano le risate di un’intera compagnia di persone; si sentivano degli sgradevoli strilli in francese: tutto era un pranzo con signore. In una parola, tutto era molto nauseante. Raramente avevo passato un momento peggiore, cosicché quando, alle sei in punto, loro comparvero tutti insieme, sulle prime me ne rallegrai come se fossero dei liberatori e per poco non dimenticai che ero tenuto ad avere un’aria offesa.

Zverkov entrò davanti a tutti, come un capo riconosciuto. Sia lui che gli altri ridevano; ma, vedendomi, Zverkov si diede un contegno, si avvicinò senza fretta, piegandosi un po’ sulla vita quasi con civetteria, e mi diede la mano, affettuosamente ma non troppo, con una cortesia un po’

cauta, quasi da generale, come se dandomi la mano si proteggesse da qualcosa. Io invece mi ero immaginato che appena entrato sarebbe esploso nella sua risata di un tempo, sottile e a gridolini, e fin dalle prime parole sarebbero cominciati i suoi scherzi e le sue battute insulse. Io mi ci ero preparato fin dalla sera prima, ma non mi ero certo immaginato una benevolenza così sufficiente, così superiore. Dunque ormai si riteneva così incommensurabilmente superiore a me sotto tutti i punti di vista? Se avesse voluto soltanto offendermi con quella boria da generale, sarebbe stato ancor niente, pensavo; me ne sarei infischiato, in un modo o nell’altro. Ma se invece davvero, senza alcun desiderio di offendere, nella sua zucca di montone si fosse seriamente insinuata l’ideuzza di essere incommensurabilmente superiore a me e di non potermi guardare altrimenti che con aria di protezione? A quella sola supposizione mi sentivo soffocare.

«Ho appreso con meraviglia il suo desiderio di essere dei nostri», cominciò, con pronuncia biascicante e un poco blesa, e strascicando le parole come non aveva mai fatto prima. «Chissà come, non ci siamo mai più incontrati. Lei ci evita. Fa male. Non siamo così spaventosi come le sembra. Ebbene, in ogni caso sono lieto di rin-no-va-re…».

E si girò con noncuranza per posare il cappello sul davanzale.



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